Negozi in centro a Brescia, la sfida è resistere

Bianca Terzoni, Lorenzo Buonarosa
Gli esercizi di vicinato si assottigliano e gli affitti sono in calo. Ci sono vetrine vuote, ma pure botteghe storiche e clienti irriducibili
Corso Martiri della Libertà, una delle vie del commercio del centro storico - © www.giornaledibrescia.it
Corso Martiri della Libertà, una delle vie del commercio del centro storico - © www.giornaledibrescia.it
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Passeggiando a Brescia per corso Palestro in tarda mattinata le vetrine sono numerose, e i bar fervono di attività. Un dinamismo tranquillo, che lascia spazio a qualche vetrina vuota, con un cartello affittasi o una semplice scritta: «Chiuso». Di attività commerciali attive se ne contano 67, e sette sono vuote o chiuse. Non si sa se qualcuno riprenderà l’attività o se saranno solo le prossime vittime dello spopolamento di negozi nei centri città.

Non è un fenomeno che riguarda solo corso Palestro: i negozi fermi in corso Magenta sono ben 15, su un totale di 40 attivi. E le vetrine vuote si possono vedere anche in corso Zanardelli e via X Giornate. Eppure, le vie dello shopping del centro di Brescia sono popolate.

Se un polo del commercio come il centro Frecciarossa a lungo temuto come minaccia dagli stessi esercenti del cuore antico della Leonessa non versa in acque felici, il quadro d'insieme è articolato anche sulle piazze storiche del commercio. 

Nelle vie coesistono piccoli negozi tradizionali e store di grandi marchi, per offrire più scelte possibili al passante. Tuttavia, proprio quelle vetrine vuote sono la chiara testimonianza, avvalorata dai dati, che qualcosa potrebbe non andare per il verso giusto.

L'analisi

Abbiamo analizzato i numeri dell’Osservatorio regionale sugli esercizi di vicinato con dimensione sotto i 250 mq², incrociandoli con i valori di locazione pubblicati ogni semestre dall’Agenzia delle Entrate. In particolare, i dati sugli affitti commerciali si riferiscono alla zona dello shopping: corso Palestro, corso Zanardelli, corso Magenta, via Mazzini, via X Giornate e le tre piazze principali: Loggia, Paolo VI e Vittoria. Le curve seguono lo stesso andamento mostrando una progressiva perdita di valore immobiliare del centro - almeno stando ai dati dell’Agenzia delle Entrate – conseguente ad uno spopolamento delle vetrine.

Il periodo di crisi maggiore è quello che va dal 2013 fino al 2018. I motivi sono diversi: in primo luogo l’onda lunga della crisi del 2008, poi quella del debito italiano del 2011, che ha inficiato sul mercato facendo scoppiare a livello nazionale una bolla immobiliare che è durata per tutto il periodo, come testimoniano le due curve. La pandemia è stato il colpo definitivo che ha messo a dura prova i negozi.

Lo scarto sui dati

I Comuni lombardi comunicano all’osservatorio regionale i dati sul commercio al 30 giugno di ogni anno: numero negozi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita. Nel 2011 la Loggia aveva comunicato 4.709 negozi di vicinato. Ma, secondo gli ultimi accertamenti degli uffici comunali, si tratterebbe di un dato sbagliato. Un errore che si sarebbe trascinato negli anni e che ha guastato molte analisi e riflessioni. Il dato 2011 corretto sarebbe di 3.207. La flessione del decennio secondo il Comune sarebbe quindi stata del 7,4% e non del 34%. Cosa c’era di sbagliato? Il metodo di calcolo da parte degli stessi uffici comunali: attività miste conteggiate due volte, chiusure di negozi non registrate. La Loggia ha inviato a Palazzo Lombardia i dati corretti chiedendo di aggiornare i report dell’osservatorio, anche se in realtà sul portale regionale restano ancora i vecchi dati non ”bonificati”.  I numeri al 30 giugno 2022 (non ancora presenti sul sito regionale ma anticipati dalla Loggia) dicono di una lieve ripresa: al 30 giugno di quest’anno in città si contavano 3.074 negozi di vicinato, 108 in più rispetto al 30 giugno 2021. Uno scarto che, comunque, cambia poco le cose. 

Tuttavia, in un centro storico frequentato come quello di Brescia sopravvivono ancora negozi e attività che hanno radici profonde. Le loro storie sono diverse, ma sono tutte accomunate dalla volontà di resistere ai tempi, per non abbandonare il loro bene più prezioso: i clienti. 

La parola ai commercianti

«Sono solo i clienti che mi giudicano, non le graduatorie. La mia classifica è fatta dalla mia storia, e dal caffè che serviamo a quasi quattro generazioni». Carla Molteni Nevola è titolare dello storico Coffee Shop in corso Zanardelli, dal 1964. «Eravamo nati come rivendita di caffè perché avevamo la torrefazione più importante di Brescia. La nostra posizione aiuta molto, ma il corso non è più quello di una volta: da quando sono qui ho visto diversi negozi aprire e chiudere». Si resiste, ma la battaglia più pesante è sempre quella: «La cosa più gravosa per noi sono gli affitti. I nuovi proprietari, però, ci hanno concesso una diminuzione, sono stati accomodanti, conoscono i problemi. Un aiuto è arrivato anche dalla Regione Lombardia». Di fianco alle grandi catene, i negozi tradizionali sono importanti perché danno particolarità. «Vediamo tutti gli stessi marchi e gli stessi negozi. È il negozio tipico del centro che fa la differenza. Per questo mi sforzo di rendere il mio bar diverso da tutti gli altri. E il caffè è veramente buono» conclude con una battuta.

Amarcord e promozione. Folla in corso Palestro in occasione della Notte rosa del 2010 - © www.giornaledibrescia.it
Amarcord e promozione. Folla in corso Palestro in occasione della Notte rosa del 2010 - © www.giornaledibrescia.it

L'esperienza e la conoscenza del prodotto fanno la differenza anche per Stefania Belleri, che ha ereditato il negozio di Ottica Belleri dal nonno Angelo, in via Dante. In dieci anni il commercio a Brescia è «cambiato dal giorno alla notte. Prima c’erano le code fuori dal negozio, anche perché c’erano pochi ottici in città». Ora lo stesso prodotto si può trovare anche da altre parti, ma non sarebbe comunque la stessa cosa: «È naturale che la gente ricerchi il prezzo più basso, ma c’è molto di più. Una parte più umana, di servizio, di aiuto nel sistemare l’occhiale. Non è solo questione di trovare la lente giusta, ma di consigliarla, progettarla e farla. Quello che abbiamo alle spalle è diverso». Le spese di manutenzione sono sempre infinite, ma «per fortuna non siamo in affitto: i negozi sono di nostra proprietà. Durante la pandemia siamo stati aiutati, poi fortunatamente siamo riusciti a riprenderci con le nostre forze».   

Com'eravamo: così appariva corso Palestro nel 1987 - © www.giornaledibrescia.it
Com'eravamo: così appariva corso Palestro nel 1987 - © www.giornaledibrescia.it

Il negozio di proprietà è un tratto che accomuna anche la gioielleria Fasoli, in piazza della Loggia. «La posizione fa parte della nostra storia: mi piace che pensino a piazza della Loggia e associno direttamente la gioielleria. Il palazzo è tutta di nostra proprietà: non potremo mai essere da un’altra parte» racconta Massimo Fasoli. «L'opportunità di Brescia secondo me è quello di considerarsi un luogo più comodo da raggiungere rispetto a Milano per lo shopping». Ci sono però anche degli svantaggi. «Il centro di Brescia è dispersivo dal punto di vista del commercio. È così da quasi cent’anni: il sistema di tre grandi piazze non permette di avere una direttrice chiara dove fare compere». Ciononostante, la clientela non manca mai da generazioni: «Non vendiamo fumo. Siamo una garanzia perché quello che vendiamo ai clienti è un valore che poi ritroveranno nel tempo». Anche celebrare la continuità è importante: «L'anno prossimo festeggeremo i 170 anni di attività. Stiamo lavorando ad un libro che racconti la storia e le origini del nostro marchio».

Per garantire la sopravvivenza è necessario anche reinventarsi. Come Nicola Albarelli, che ha rilevato Barbanzé giocattoli in via Mazzini qualche mese prima della pandemia. «Ho dovuto un po’ risistemarlo, riducendo anche il magazzino, ma ce l’ho fatta. Mi interessava il fatto che un negozio aperto dal 1975 non andasse a morire». Anche qui i clienti sono storici, e a Brescia il commercio sembra sempre in movimento. «Sono in via Mazzini da tre anni e non ho visto grandi aperture e chiusure di altri negozi. L’affitto è caro, ma mi sto portando dietro un contratto vecchio con gli aumenti Istat. Pago una cifra ragionevole per la posizione e la dimensione, ma è il costo più alto in assoluto». Il cambiamento dato dal Covid ha apportato anche novità: «Ho ridotto un’ala del negozio per creare un piccolo spazio per un laboratorio di gioco per i bambini. Cerchiamo di vendere prodotti di nicchia, che non sono solitamente pubblicizzati e non si vendono da nessun'altra parte».

Una formula che funziona anche per la storica drogheria Ai miracoli, in corso Martiri della Libertà, ora gestita da Monica Zaia. «Siamo gli unici che sono rimasti una drogheria pura: andiamo a cercare quello che non c’è». Le origini del negozio risalgono all’Ottocento. Diversi passaggi hanno portato Vaccino Edoardo a rilevare l’attività nel 1938, e da quel giorno «ce ne siamo occupati sempre in famiglia». La posizione è rimasta sempre la stessa. «Il commercio a Brescia è cambiato radicalmente: un giorno il sabato poteva essere il giorno di punta, ora è difficile capire qual è il momento migliore per vendere». La situazione dei costi è sempre disastrosa, ma non solo: «Sto cercando di vendere la mia attività da tre anni a causa della salute, e faccio fatica a trovare qualcuno che voglia sostituirmi. Molti mi vengono a chiedere se chiudo, ma non è il mio intento: io voglio che questa attività duri. Tanti clienti che da generazioni entrano da quella porta cercano un miracolo». I tempi cambiano, ma la fiducia resta.

Corso Zanardelli nel 2021: la pandemia è stata per molte attività una sfida nella sfida - © www.giornaledibrescia.it
Corso Zanardelli nel 2021: la pandemia è stata per molte attività una sfida nella sfida - © www.giornaledibrescia.it

«Esistiamo grazie ai clienti: sono loro i nostri veri titolari». Leonardo Lucarello è titolare di Borghini calzature in via Mazzini, e anche qui la storia del negozio è partita dal nonno, calzolaio. «Secondo me la piazza di Brescia a livello commerciale non è seconda a nessuna piazza d’Italia. Ci sono negozi come noi che sono macchiette, ma quando la gente ritorna a Brescia ci ricorda». Per quanto riguarda gli affitti, «devo dire che non siamo stati aiutati. Vediamo molti negozi che aprono e poi chiudono. Altri vorrebbero aprire e non ce la fanno, complice il prezzo alto degli affitti. Bisognerebbe intervenire e abbassarli per dare vita al centro storico». I negozi storici si distinguono perché senza di loro si avvertirebbe una certa mancanza e puntano nel dare al cliente quel qualcosa in più. «Il nostro negozio si distingue per lealtà morale, servizio, ricerca, e continuità del prodotto. Sono partito dal nulla, e sono diventato titolare. Ma non mi sono mai sentito il padrone: sono le persone che serviamo». La speranza è che esercizi commerciali del genere non debbano sentirsi costantemente minacciati: «L'intento è che le nostre attività storiche possano esserci per ancora tanti anni. Le vie le fanno i negozi».

Tutti i titolari hanno lo stesso desiderio, quello di poter continuare con la loro attività, e perché questo accada è necessario che i bresciani continuino ad andarci. Magari potrebbero arrivare a vederli come i loro piccoli spazi di casa, dove trovare miracoli.

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