Centro commerciale Freccia Rossa, tra abbandono e speranze di rilancio

Fin dall’esterno della struttura, si intuisce che il centro commerciale Freccia Rossa oggi manca della vitalità e del movimento propri di un’attività situata a pochi passi dal centro di Brescia.
Da alcune settimane, vi si può accedere solo tramite le porte automatiche al piano terra, poiché quelle che danno l’accesso al primo piano sono bloccate. L'interno è vasto, a primo sguardo curato e si coglie l’intento originario del Freccia Rossa: quello di diventare un polo commerciale e un luogo di ritrovo per molti bresciani e per chi visitava la città. Un obiettivo che oggi pare un lontano ricordo.
La struttura è popolata da poche persone: lavoratori che trovano un luogo dove mangiare e riposarsi per un po’, molti stranieri, le borse degli acquisti sono rare, i parcheggi interrati aperti solo in parte e per la maggior parte del tempo semideserti. La gran parte dei punti vendita ha le saracinesche abbassate. Sono rimasti aperti due negozi di telefonia, un tabaccaio, due bar, una lavanderia, e il supermercato Italmark. Difficile pensare che un numero così esiguo di esercizi basti a mantenere in vita una struttura tanto vasta.
Al primo piano la situazione è ancora più desolante: i numerosi punti di ristoro hanno chiuso del tutto. Decine e decine di tavoli sono vuoti, abbandonati. Quello che un tempo era uno spazio adibito alle persone, agli incontri e alla convivialità è abbandonato a se stesso, e a nessuno viene in mente di andarci. Sopravvivono solo la sala giochi e il cinema multisala Wiz. È aperto, ma non si intuisce subito, la biglietteria è chiusa e a vendere i biglietti è il ragazzo dei pop corn. Diversi spazi, sia al piano terra che al primo piano, sono transennati: non ha senso tenerli aperti se al loro interno è ancora tutto chiuso.
La luce è accesa, l’aria condizionata funziona, ma le persone all’interno sono davvero poche un po' a tutte le ore del giorno. Non si soffermano a girare per piacere, probabilmente sono lì per il supermercato. Il Freccia Rossa è un gigante inutilizzato. Un colosso di cemento sul cui destino sono tanti gli interrogativi, ai quali tuttavia almeno per ora sembrano mancare risposte.
Le parole dei commercianti
Tuttavia, all’interno del centro c’è un cuore pulsante che mantiene in vita la scintilla del Freccia Rossa: i negozianti. Sono in pochi - come già detto - ma speranzosi del rilancio.
«Lavoro qui dal 2008. All'inizio non riuscivamo a lavorare perché c’era addirittura troppa gente. Poi piano piano hanno iniziato a chiudere tutti» commenta la signora delle pulizie: «Credo che verrà rilanciato perché sarebbe essenziale avere un centro commerciale vicino al centro, i cittadini possono arrivare senza prendere la macchina».
Le persone che entrano al Freccia Rossa arrivano per una motivazione specifica o perché sanno che troveranno quel determinato servizio, non sembrano esserci avventori per puro piacere. Diana lavora presso la lavanderia «Lava e Cuci»: «Noi abbiamo clienti abituali, anche perché c’è la palestra vicino. Non sono preoccupata per il mio lavoro perchè siamo una catena, anche se il titolare potrebbe decidere di chiudere se ad un certo punto non convenisse più restare».
Gli esercenti appaiono tutti consapevoli preoccupati per la situazione delicata in cui versa il complesso, tuttavia il loro augurio è che il centro possa rinnovarsi e ripartire al più presto. «Ho parlato con la dirigenza, voglio rimanere: ho cercato di ritrattare il prezzo di affitto - che è alto, nonostante la situazione - ma non hanno fatto nulla per trattenermi». Questa è la storia di Roberto, titolare del centro estetica «K20». «Ci sentiamo un po’ abbandonati. Il sindaco cosa ha fatto per il Frecciarossa? Da un giorno all’altro chiunque qui può restare senza lavoro, senza tutela da parte del centro commerciale, dell’azienda». La speranza però è ancora viva: «Se ci fosse un vero rilancio da parte di chi amministra, le persone potrebbero ritornare».
Chi lavora al Freccia Rossa vuole avere la possibilità di un futuro, di credere ancora che un progetto con una struttura del genere possa ancora diventare motivo di orgoglio per Brescia. Monica è titolare della tabaccheria del centro commerciale: «Abbiamo aperto dal 2008 e faccio tanti sacrifici per portare avanti il negozio e per garantire lo stipendio ai miei due dipendenti. Tutte le volte che le testate giornalistiche parlano del centro, denunciano solo la parte negativa. I furti possono accadere da tutte le parti, non solo al Freccia Rossa».
Nonostante la situazione precaria, tra i negozianti gira la voce che il destino del centro commerciale verrà discusso in ottobre. «Forse potrebbe rimanere in attività solamente la parte al piano terra riservata ai servizi. Quella più frequentata dalle persone. Ma non sappiamo ancora nulla di certo» conclude la titolare della tabaccheria.
I proprietari delle due grandi aziende bresciane di cui fanno parte il supermercato Italmark e il cinema multisala Wiz non hanno voluto rilasciare dichiarazioni fintanto che non saranno entrati in contatto con la società che amministra la struttura. Contatto che potrebbe esserci alla fine di ottobre. Almeno questo suggeriscono le parole affidate alla replica della Freccia Rossa Centro Commerciale Spa, contattata via email per un confronto sull'argomento. I referenti dell’azienda invita a ricontattarli in quel periodo per eventuali aggiornamenti. Una crisi lenta, forse non inesorabile, che ha radici molto più profonde.
La storia
La storia del Freccia Rossa parte dove termina quella dell’area rubricata nelle mappe dell'urbanistica cittadina come Comparto Milano: ex zona industriale della città in cui sorgevano le grandi fabbriche, poi dismesse. Trentatré ettari di terreno tra via Fratelli Ugoni e il cimitero Vantiniano. Nel 2002 la società privata Basileus Spa acquisì dal Comune la zona per un progetto di riqualificazione, su cui nel 2008 fu inaugurato il Freccia Rossa (il nome è ovvio omaggio alla Mille Miglia), con un investimento da 144 milioni di euro. Il centro commerciale era di proprietà della società portoghese Sonae Sierra, che deteneva il 50% delle azioni, ma veniva gestito dalla società Frecciarossa Centro Commerciale Spa con sede a Milano.
Durante i primi anni riuscì a mantenere degli afflussi elevati anche grazie ai numerosi eventi che venivano organizzati, ma dopo poco iniziò un declino lento e inesorabile, agevolato anche dalla presenza di altri centri commerciali già presenti o insediatisi in breve nel raggio di pochi chilometri: Elnòs, Nuovo Flaminia e Rondinelle, tutti in un'area di appena 6 km².
Dopo svariati anni in rosso e la chiusura di molti negozi, nel 2018 i portoghesi di Sierra decisero di vendere al gruppo inglese Resolute Asset Management Italia, colosso specializzato in Npl (Non Performing Loans) immobiliari: una società specializzata nell'acquisizione di realtà immobiliari con crediti deteriorati - quelli che secondo le banche difficilmente verranno ripagati. L’intenzione dell'azienda era quella di ampliare l’area dedicata al food and beverage e all’intrattenimento dei clienti con riduzione di quella adibita al vestiario e retail. Costo complessivo circa 5,8 milioni. L'iniezione di capitale inglese è stata accompagnata da un restyling parziale: pavimenti nuovi, parcheggi riorganizzati, un volto più green. Il management prevedeva una crescita dei ricavi del centro commerciale dai 3,9 milioni del 2019 ai 6,5 milioni del 2024. Guardando i bilanci aggiornati al 2020, però, l’azienda è ancora in perdita per 2 milioni di euro. E il suo destino è ancora incerto.
Le dichiarazioni della Loggia
Lo stesso Comune di Brescia, tramite l’assessore Valter Muchetti, ha fatto sapere che un primo contatto con l’azienda che gestisce il Freccia Rossa c’è stato tra maggio e giugno: «Stiamo pensando ad un incontro e siamo comunque interessati allo sviluppo della struttura, uno sviluppo che sia funzionale alla città. Servirebbe un programma di investimento medio-lungo, ma non so se la loro intenzione sia quella di rilanciare o di vendere ad un altro fondo». La Loggia auspica che non ci sia una chiusura della struttura, poiché una zona a ridosso del centro rimarrebbe inutilizzata. La speranza, insomma, è l’ultima a morire.
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