Muore dopo asportazione neo: «Ho solo ricucito una ferita»

Domani interrogatorio in carcere per il medico Paolo Oneda (che nega l’intervento) e il «santone» Bendinelli
Paolo Oneda, chirurgo dell'ospedale di Manerbio, è in carcere con l'accusa di omicidio
Paolo Oneda, chirurgo dell'ospedale di Manerbio, è in carcere con l'accusa di omicidio
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Il 16 aprile 2025 la Corte d’assise d’appello di Milano ha assolto il medico bresciano Paolo Oneda perché il fatto non sussiste.

Il medico bresciano in carcere con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale vuole raccontare la sua verità. Diversa rispetto a quanto messo nero su bianco dal gip del tribunale di Genova che martedì mattina lo ha fatto arrestare al termine del turno di notte, passato di guardia nel reparto di chirurgia dell’ospedale di Manerbio dove lavora.

Domani a Canton Mombello Paolo Oneda comparirà davanti al gip per l’interrogatorio di convalida, mentre nel penitenziario ligure di Marassi farà lo stesso il santone di formazione olistica Paolo Bendinelli, pure lui arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla morte per tumore di Roberta Repetto, 40enne figlia dell’ex sindaco di Chiavari negli anni ’90, che aveva pagato 60mila euro, più una donazione di altri 47mila, per vivere all’interno del centro Anidra a Borzonasca, in Liguria.

Qui a ottobre 2018 era stata operata dal medico bresciano, alla presenza del santone, per l’asportazione di un neo sulla schiena. L’autopsia ha stabilito che il melanoma e le successive metastasi diffuse e che hanno portato al decesso la 40enne, si erano sviluppate come conseguenza di quell’operazione realizzata senza anestesia, in ambiente non ospedaliero ma su un tavolo del centro olistico e soprattutto senza successivo esame istologico. Anziché essere indirizzata alle cure tradizionali, poi, la donna era stata invitata «alla meditazione bevendo tisane zuccherate prescritte da Oneda e Bendinelli» come scrive il gip Paola Faggiani nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Il medico bresciano, difeso dall’avvocato milanese Giovanni Motta che oggi lo vedrà in carcere, vorrebbe dimostrare di non essere intervenuto per asportare il neo, ma solo per ricucire la ferita quando lo stesso nevo sanguinante si era già staccato. Sull’esame istologico mai effettuato, il chirurgo sosterrebbe di aver più volte invitato Roberta Repetto a recarsi in ospedale per effettuare l’accertamento e che sarebbe sempre stata la 40enne a rifiutarsi. Oneda lo sottolinea anche nello scambio di messaggi via WhatsApp con la donna che lo interroga quattro giorni prima di morire. «Posso rifiutare la trasfusione? Ma tu cosa mi hai asportato, un neo verrucoso? Qui dicono che forse è partito tutto da lì. In caso lo dicessi, chi posso dire che me lo ha tolto per non metterti in mezzo?». E il medico le risponde: «Non sei tenuta a dirlo, a ricordare chi te lo ha tolto. Ti ricordi che tu non hai voluto fare l'esame istologico?».

Pesa come un macigno, però, il diario del calvario della vittima che ogni giorno scriveva al santone delle sue condizioni di salute che peggioravano sempre più e sentendosi spesso raccontare che sarebbe guarita perché «il sistema stava drenando la parte tossica».

I due arrestati figurano tra i vertici del centro Anidra finito sotto i riflettori. Paolo Bendinelli è infatti il fondatore e presidente dell'associazione, mentre il chirurgo è nel comitato scientifico di Anidra oltre ad esserne socio e insegnante. E poi c’è Paola Dora, psicologa bresciana, 40 anni, fidanzata del medico, e vicepresidente del Centro olistico. Il suo studio in città è tra l’altro una delle sedi distaccate di Anidra. Lei è indagata a piede libero in concorso, con Oneda e Bendinelli, per violenza sessuale e circonvenzione di incapace nell’ambito di un’inchiesta del 2019 nata dopo la denuncia della famiglia di una ragazza ospite - e per questo in contrasto con i genitori - della struttura ligure.

Aggiornamento

La dott.ssa Paola Dora è stata assolta da ogni imputazione sia in primo che in secondo grado.

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