Minacce a Bonometti e Pasini, due perquisizioni

Le ipotesi d’accusa riguardano tre distinti episodi. Per la busta con un proiettile inviata al presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti a giugno, poi per la lettera minatoria al numero uno degli industriali di Bergamo Stefano Scaglia, due giorni più tardi, e per il pacco bomba inviato il 22 settembre nella sede della Feralpi group a Lonato del Garda all’attenzione di Giuseppe Pasini, presidente di Confindustria Brescia.
Da Brescia a Bergamo. Tre casi confluiti in un’unica indagine e ieri mattina la Procura di Brescia, competente a livello distrettuale in materia di terrorismo, con il provvedimento firmato dal pm Katy Bressanelli e dell’aggiunto Silvio Bonfigli, ha disposto delle perquisizioni in provincia di Bergamo. Nel mirino della magistratura sono finite due persone legate al mondo dell’antagonismo orobico. Si tratta di una donna, che fa parte della segreteria di Rifondazione comunista a Bergamo e di un uomo iscritto al Comitato Popolare Verità e Giustizia delle vittime del Covid (Noi denunceremo). Sono accusati di associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico e minacce aggravate.
La difesa. «Siamo certi della loro estraneità alle accuse mosse ed esprimiamo tutta la nostra solidarietà» hanno scritto in una nota i vertici nazionali, regionali e bergamaschi di Rifondazione comunista. «Non sappiamo - hanno aggiunto - chi ha usato minacce e intimidazione nei confronti degli imprenditori e di Confindustria, ma li condanniamo per il regalo che hanno fatto ai padroni. Li condanniamo per avere posto dalla parte del torto chi ha ragione e viceversa. Li condanniamo perché la ragione si afferma con la lotta politica e non con la violenza e l’intimidazione. Chi lo ha fatto, chiunque sia, ha sbagliato».Le indagini. Dal giorno in cui hanno ricevuto le minacce Bonometti, Scaglia e Pasini vivono sotto scorta perché le intimidazioni sono state ritenute reali e pericolose. Quantomeno per Bonometti e Scaglia, chi ha agito lo avrebbe fatto per contestare la loro posizione nel corso della prima ondata della pandemia ed in particolare per l’ opposizione dei due industriali all’idea di istituire zona rossa ad Alzano e Nembro. «Nelle riunioni che abbiamo avuto tra fine febbraio e i primi giorni di marzo, la Regione è sempre stata d’accordo con noi nel non ritenere utile, ma anzi dannosa, una eventuale zona rossa sul modello Codogno per chiudere i comuni di Alzano e Nembro» disse Bonometti. Le indagini dei magistrati antiterrorismo della Procura di Brescia erano partite seguendo la rivendicazione delle minacce, firmate dalla sigla Nuclei proletari lombardi. I due sottoposti a perquisizione domiciliare non sono gli unici indagati. Marco Bonometti a giugno scorso aveva ricevuto una busta nella sede di Confindustria Bergamo contenente un proiettile ed un messaggio: «Confindustria assassina. Questo è per te o per qualcuno della tua famiglia. Qui non si scherza. Una bara in più non si nega a nessuno».
La minaccia a Giuseppe Pasini arrivò invece nella sua azienda a Lonato del Garda e dentro una busta rossa. C’era un detonatore e polvere da sparo. Un congegno rudimentale che non era esploso solo per la prontezza di riflessi di Pasini che aveva avvertito le forze dell’ordine. «Poteva fare male e se innescato avrebbe generato una fiammata» stabilirono gli inquirenti.
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