Lomasko alla Laba: «I giovani bloccati nell’ambra sono seme del futuro»

L’artista russa, ospite ieri ad un incontro con gli studenti, si è raccontata: «Ho realizzato il sogno di papà, artista mancato»
  • L'incontro alla Laba tra Lomasko e gli studenti
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Il saluto a «colleghi artisti e futuri artisti» è in inglese, con marcata inflessione russa. Ma Victoria Lomasko torna a volgersi alla madrelingua per raccontarsi con più immediatezza - e con l’aiuto di una traduttrice - agli studenti che ieri, alla Laba, hanno accolto l’artista dissidente. Da due mesi a Brescia, ha inaugurato proprio nei giorni scorsi la sua personale intitolata «The Last Soviet Artist», aperta fino all’8 gennaio nel Museo di Santa Giulia.

Le origini

«Qui sto bene, mi sento accolta», dice. «Ero adolescente quando l’Urss è crollata - racconta sollecitata dal direttore della Laba Marcello Menni - ed è per me difficile dimenticare, andare oltre. Questo è il motivo di quel soprannome: non è un richiamo nostalgico, ma l’espressione di un trauma. Tanto più ora che, con questa guerra, l’ex spazio sovietico cerca di prendersi una rivincita e le rovine dell’ex Impero stanno precipitando in testa alle persone».

Per spiegare le logiche e i processi che guidano la sua arte Lomasko mostra ai ragazzi un video: è lei che disegna durante una manifestazione, nella neve. «Per me è importante disegnare mentre l’evento accade. Sarebbe impensabile sedere a casa e tracciare segni guardando foto e video. Devo esserci, per trasmettere ciò che accade intorno a me». Lomasko usa il segno grafico, ma anche la parola, che è stata per lei il primo amore. 

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Da grande

«Da piccola sedevo sotto al melo della nonna e scrivevo poesie e racconti. Mi sentivo libera, mentre mio padre sognava per me il futuro da artista che lui non era riuscito ad avere. Io mi sono sentita realizzata a 30 anni, quando ho restituito anche il testo ai disegni». Lamasko crede molto nelle future generazioni, anche se ora «in Russia sono come insetti imprigionati nell’ambra, su cui il Cremlino incombe. Anche questa guerra è una guerra fra generazioni, coi politici che cercano di resuscitare il passato sovietico. Io, però, vedo i giovani come piante nuove che si infilano fra le fessure».

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