Lo scienziato da Nobel a Brescia: «In Italia avremo sempre meno acqua»

Dal cambiamento climatico alla transizione ecologica. I «Pomeriggi in San Barnaba», promossi dal Comune di Brescia e curati dalla Fondazione Clementina Calzari Trebeschi, propongono quest’anno spunti di riflessione su un’emergenza che - come recita il titolo della rassegna - «sfida il nostro tempo», e sulle soluzioni sempre più urgenti che è necessario adottare.
Martedì prossimo, 21 marzo, alle 18 nell’auditorium San Barnaba, Filippo Giorgi parlerà di «Presente climatico e scenari futuri». Giorgi è considerato uno degli scienziati più influenti del mondo: dirige la sezione di Scienze della Terra dell’Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics (ICTP) di Trieste, e dal 2002 al 2008 è stato vice-direttore del Gruppo di Lavoro I dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) che, nel 2007, ha vinto il premio Nobel per la Pace.
Prof. Giorgi: quanto è grave la nostra situazione dal punto di vista climatico?
Come mostrerò a Brescia, il riscaldamento globale è in fase di accelerazione e gli effetti si fanno sempre più evidenti. Uno fra tutti è l’aumento di eventi estremi: la siccità dello scorso anno, ad esempio, che mi sembra già a rischio di verificarsi nuovamente, portando gravissimi problemi idrici. Ogni anno ci sono nuovi record negativi legati al clima.
Un effetto evidente, anche sul nostro Adamello, è lo scioglimento dei ghiacciai...
Tutti i ghiacciai dell’arco alpino sono in fase di recessione. Sono serbatoi e se vanno esaurendosi il problema dell’acqua sarà sempre più grave. L’altro grave problema è quello del livello del mare che continua ad innalzarsi, contribuendo alle mareggiate e all’erosione delle coste.
L’acqua diventerà la risorsa più preziosa?
Sarà il bene chiave di questo secolo. Non mancherà dappertutto: ci saranno zone sempre più secche, mentre altre riceveranno più acqua. Con il riscaldamento globale, infatti, le perturbazioni vengono indirizzate in direzione dei poli. Così, nel Mediterraneo, perturbazioni che normalmente ci porterebbero la pioggia si spostano verso nord. In Italia siamo destinati a ricevere sempre meno acqua, e sempre più spesso in forme estreme, con quelle che chiamiamo «bombe d’acqua»; nel Nord Europa o in Russia arriverà invece più pioggia.
Sarà un altro fattore di squilibrio tra nazioni...
Si comincia già a parlare di trasformare gasdotti o oleodotti in acquedotti. L’acqua sicuramente sarà un bene prezioso e scarso in molte zone del mondo, con tutte le conseguenze che ne derivano, come le migrazioni di massa.
Qual è la causa principale su cui si deve intervenire?
La comunità scientifica ne è ormai certa: è l’emissione di gas serra, in particolare anidride carbonica e metano. La prima è prodotta dalla combustione, quindi dall’uso di petrolio, carbone e gas naturale. Bisogna decarbonizzare il sistema energetico. Ma anzitutto serve l’efficienza energetica: oggi sprechiamo circa il 65% dell’energia che viene prodotta.
Altre soluzioni?
Un problema è quello dei motori a combustione interna come auto o caldaie, che hanno rendimento molto più basso di quelli elettrici. Passare alle auto elettriche sarà un grande progresso verso l’efficienza energetica. L’energia dovrebbe essere prodotta da fonti alternative e non inquinanti, ormai in espansione. Ci sono poi le cose che possiamo fare ogni giorno: la principale è ridurre gli sprechi.
La politica procede lentamente?
In Europa il processo verso la transizione energetica è abbastanza avviato. Il problema è che la stessa cosa deve accadere in India, Cina, Africa, Sud America, Sudest asiatico... Bisogna aiutare i Paesi in crescita a svilupparsi in un ambito di cosiddetta economia verde.
Fino a che punto il cambiamento climatico è arginabile?
Con l’Accordo di Parigi del 2015 sono state delineate traiettorie chiare per ridurre le emissioni di gas serra entro il 2050. È necessario rispettarle per poter mantenere il riscaldamento globale entro margini gestibili, attraverso politiche di adattamento. Se arriva una siccità una volta ogni cinque anni, con tecnologie adeguate si può contenere il problema; ma se per cinque anni non piove a sufficienza, c’è poco da fare.
Il tempo a disposizione si riduce?
Un messaggio che porterò a Brescia riguarda l’urgenza dell’azione. Il tempo di vita dei gas serra in atmosfera è molto lungo. Tutto quello che facciamo oggi viene avvertito per decine di anni, quindi la riduzione delle emissioni deve cominciare subito ed essere progressiva fino al 2050. Più aspettiamo, più i gas serra si accumulano e quello che si dovrà fare sarà drastico. Come è accaduto col Covid.
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