L'indagine dell'Iss: 1.848 morti nelle Rsa in sole due settimane

Il report: nelle strutture di città e provincia il picco di croci si è registrato tra il 16 e il 31 marzo
I tablet per mantenere i contatti tra ospiti delle Rsa e famiglie - © www.giornaledibrescia.it
I tablet per mantenere i contatti tra ospiti delle Rsa e famiglie - © www.giornaledibrescia.it
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Due premesse sono d’obbligo. La prima: proprio come i dati estratti dalle Anagrafi comunali non si tratta di casi conclamati di Covid-19, bensì del numero complessivo di decessi. La seconda: secondo la doppia ricognizione effettuata - da un lato attraverso la banca dati della Lombardia, dall’altro attraverso il secondo report firmato dall’Istituto superiore di sanità - molti pazienti mostravano sintomi influenzali molto marcati, mentre altri soffrivano di patologie importanti sulle quali ha pure pesato la vecchiaia.

Nonostante ciò, il numero lascia tristemente a bocca aperta, nello sconforto di uno spicchio di realtà che i dirigenti delle diverse Rsa del territorio - anche attraverso il nostro giornale - hanno cercato di denunciare giorno dopo giorno. Sono 1.848 i decessi complessivi registrati finora nelle Case di riposo. Milleottocentoquarantotto padri, madri, nonni. Soprattutto padri e nonni, che superano di oltre il doppio le vittime femminili: 1.268 uomini e 580 donne (fonte: assessorato al Welfare di Regione)

Al lavoro di ricognizione in corso a Palazzo Pirelli - anche sulla scorta della richiesta arrivata dal ministro agli Affari regionali, Francesco Boccia, che ha annunciato il possibile invio di aiuti laddove necessario - si aggiungono poi i report dell’Iss, il «Survey nazionale sul contagio Covid-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie». In questo secondo studio, il campione preso in esame è composto da 577 Rsa: di queste, la maggior parte provengono dalla Lombardia (il 24,2% del totale). Il periodo di riferimento preso in esame è più stringato rispetto a quello regionale: dal 1° febbraio al 6 aprile, quando in totale - rispetto al gruppo della ricerca - risultano essere deceduti 3.859 ospiti.

«La percentuale maggiore di decessi, sul totale dei decessi riportati, è stata registrata in Lombardia con il 47,2% e in Veneto con il 19,7%» recita la relazione dell’Istituto superiore di sanità. Che, pure, specifica: «Il tasso di mortalità, calcolato come numero di deceduti sul totale dei residenti (somma dei residenti al 1° febbraio e nuovi ingressi dal 1° marzo) è complessivamente pari all’8,4%». Di più: «Da un ulteriore approfondimento risulta che in Lombardia e in Liguria circa un quarto delle strutture presenta un tasso di mortalità maggiore al 10%». Quindi, il picco temporale più nero: la maggior parte delle croci si contano nel periodo compreso tra il 16 e il 31 marzo.

Tre le principali difficoltà incontrate: la mancanza di dispositivi, l’assenza di personale e la difficoltà nel mettere in pratica l’isolamento. La verità è che un report organico è necessario anche perché finora un quadro generale sulle Rsa manca. Manca, almeno, sui tavoli amministrativi delle Unità di crisi, che chiedono alle Ats di fare da sentinelle sui territori. Perché da più parti la richiesta di aiuto è arrivata. Le mani, dall’interno delle diverse strutture, si sono alzate per chiedere più attenzione. Ma fatte salve le donazioni, finora le strutture hanno dovuto contare solo sulle proprie forze, quelle di chi quel lavoro - quello dell’assistenza - lo ha scelto come missione.

A spiegarlo in modo incisivo è il consigliere regionale Gian Antonio Girelli, capo delegazione del Pd in Commissione sanità: «Il problema delle Rsa oggi non è solo il contagio degli ospiti, ma anche quello degli operatori e, quindi, la capacità di continuare ad assistere». Di qui, la proposta: la Regione metta a disposizione i professionisti che avevano risposto al bando regionale, «così che i singoli enti possano attingere da lì rapidamente. È anche questo - spiega Girelli - un fronte dell’emergenza, perché minore assistenza significa anche meno sicurezza».

 

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