Le famiglie: «Servono congedi Covid e voucher baby sitter»

Dieci euro all’ora per una baby sitter che affianchi i figli lasciati a casa da scuola. Cinquanta euro per una mattina, duecentocinquanta per una settimana, mille euro per un mese di didattica a distanza. Già, perché con il virus che corre in zona arancione «rafforzata», e in attesa dei vaccini agli over 60, è meglio rinunciare all’aiuto dei nonni. E se non si vuole devolvere lo stipendio ad un supporto casalingo, e non si può lavorare in modalità «smart», l’alternativa è prendere ferie anticipate o permessi non retribuiti.
«A meno che, come capita a me, non si abbia la "fortuna" di trascorrere un paio di giorni la settimana in cassa integrazione - commenta Franco Rizzetti, dipendente di un’azienda privata in provincia, papà di due ragazzini di otto e dieci anni -. Mia moglie lavora la mattina, e fino ad ora ce l’eravamo cavata evitando contagi e quarantene scolastiche. Nei giorni di cassa resterò a casa, gli altri giorni però devo lavorare in sede, non mi concedono lo smart working. Così il già decurtato stipendio se ne andrà per la baby sitter».
Il lavoro da casa infatti è concesso di diritto solo ai lavoratori pubblici, ma naturalmente l’opzione è applicabile solo ad alcune categorie di lavoratori. Senza contare che chi è attualmente impegnato nell’emergenza Covid, come i lavoratori della sanità non può prendere né ferie né permessi, al momento.
«Nel Bresciano intervengono provvedimenti legislativi regionali con l’obiettivo di mitigare la diffusione del virus, ma si infrangono sulle carenze normative nazionali di tutela dei lavoratori» lamentano in un comunicato congiunto diffuso ieri i rappresentanti sindacali bresciani dei lavoratori della Funzione pubblica Vincenzo Morello per la Cgil, Angela Cremaschini di Cisl e Andrea Riccò di Uil.
«Brescia è entrata in zona arancione con la chiusura di tutte le scuole, ma per i lavoratori genitori di figli in età scolare non sono stati previsti provvedimenti - aggiunge Cremaschini, contattata telefonicamente -. A gennaio è scaduta la circolare Inps che dava la possibilità ai lavoratori dipendenti di usufruire del congedo indennizzato per la quarantena dei figli minori di 14 anni, introdotto con il decreto legge dell’8 settembre 2020 e valido fino al 31 dicembre. E l’Ats non ha più competenze sulla disciplina del congedo parentale straordinario per Covid-19 per i lavoratori. Chi ha figli a casa per colpa del virus non ha altri strumenti che le ferie anticipate e i congedi non retribuiti».
«Come sindacati già martedì sera ci siamo attivati a tutti i livelli - prosegue Cremaschini - ed abbiamo già avuto rassicurazioni su provvedimenti a sostegno delle famiglie forse già nel prossimo Dpcm, che auspichiamo abbiano valore retroattivo. Parliamo della reintroduzione del congedo per Covid-19 ma anche di voucher baby sitter o comunque di ristori per le famiglie. Al momento c’è un vuoto normativo che riteniamo non debba essere riempito con palliativi a carico delle famiglie oppure con il ricorso all’aiuto di nonni anziani, che in questo momento devono essere tutelati al massimo».
La richiesta «riguarda naturalmente tutti i lavoratori, pubblici e privati, anche se ci siamo concentrati sui dipendenti della Funzione pubblica, attualmente sotto pressione» aggiunge Cremaschini. «Ricordiamo che nel nostro territorio, già ampiamente compromesso da questa pandemia - si legge infatti nel documento - per i lavoratori del comparto sanità, sociosanitario e in generale dei servizi essenziali, sono necessari degli interventi ad hoc. Sono professionisti fondamentali nel contrasto alla malattia e sono anche genitori che in questo momento si trovano improvvisamente senza tutele».
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