La torre medievale «sepolta» si prepara a riaffiorare

Dorme ormai il sonno dei giusti da quasi dodici anni. Ha fatto perdere le sue tracce, in silenzio dopo tanto clamore. Ma ora è tempo di tornare a calcare il grande palco del dibattito cittadino, come sempre da protagonista. Proprio partendo dal destino della torre medievale che riemerse in via Verdi - in occasione degli scavi per il Metrobus - si aprirà infatti il dibattito sulla ricollocazione, in città, di opere e manufatti di valore.
La «torre della discordia» è al momento sepolta in un campo tra via Gatti e via Allegri, a Sanpolino, alle spalle del cimitero di Sant’Eufemia. Spostarla comportò un preventivo di 230mila euro. Ora, l’ipotesi ricollocazione potrebbe rappresentare la chiave per ristabilire la pace dopo un armistizio che non ha accontentato fino in fondo nessuno. Men che meno «lei», al centro del dibattito che infiammò il confronto politico e artistico nel 2008, rendendola il personaggio chiave dell’eterno dilemma (tramutato in scontro) tra l’antico e il moderno. Il «frontale» avvenne nelle viscere della città, più precisamente tra piazza Vittoria e via Verdi; qui, la «talpa» - il mastodontico macchinario che stava scavando il tunnel del Metrobus - si è trovata a tu per tu con una costruzione medievale: la torre della discordia. Da un lato una torre collocabile tra il XII e il XIII secolo, 10 metri per 10 di basamento con muri spessi un metro e mezzo. Dall’altra, un «gioiello» della tecnologia lungo 13,4 km. Alla fine, ad aggiudicarsi l’inveterata querelle, fu la modernità: via la torre da piazza Vittoria, largo ai treni sotterranei.

Ma, grazie alla battaglia condotta da Italia Nostra - per voce del presidente della sezione di Brescia, Rossana Bettinelli - a suon di esposti alla Procura della Repubblica e ricorsi al Tar, ad intervenire fu la Soprintendenza, prima per voce di Luca Rinaldi, poi di Andrea Alberti. Che, sulla base dello studio che ne ha sancito «il valore storico-artistico» individuò un’intesa: dividerla in blocchi, numerarli e ricomporre il manufatto in un luogo in cui potesse essere conservato senza essere danneggiato. A patto, non appena possibile (protocollo d’intesa alla mano), di riaprire il tema della ricollocazione.
«Il ripristino dei beni storico-artistici e monumentali per principio trova sempre il mio consenso - spiega l’assessore Valter Muchetti, alla regia delle deleghe Lavori pubblici ed Edilizia monumentale -. Finora il tema della torre non è stato ancora affrontato, perché non era nella nostra agenda delle priorità, che comprendeva, fra altri progetti, la Pinacoteca, seguita dal teatro romano e il Castello. La scorsa settimana, proprio durante l’incontro per approfondire il progetto dei nuovi ascensori per raggiungere il Cidneo, il soprintendente Rinaldi ha proposto il tema e ha portato alla mia attenzione la volontà di ricollocare il manufatto, ovvero il basamento della torre medievale. Si tratta di un confronto che sono disponibile ad avviare, perché - precisa Muchetti - è coerente con il nostro principio politico e amministrativo della rigenerazione urbana: ricollocare un’opera all’interno di uno spazio adeguato è un’opportunità che va a valorizzare sia i tesori nascosti sia gli spazi in cui trovano nuova casa. Ritengo dunque che si possa iniziare un dibattito costruttivo su questo tema». Certo, ovviamente sarà opportuno avviare eventualmente un tavolo di lavoro: «Sarà necessaria e fondamentale la guida della Soprintendenza, bisogna studiare insieme ed adeguatamente le varie opzioni». Da quali basi si partirà? Un piano vero e proprio ancora non esiste, ma l’intendimento della Soprintendenza sarebbe quello di riesplorare in primis il piano originario, vale a dire la ricollocazione della torre nei sotterranei della stazione metro tra piazza Vittoria e via Verdi: il dubbio da fugare, in questo caso, sarà non solo di tipo economico ma anche di tipo tecnico ora che il Metrobus è in funzione. E nel caso non fosse possibile? Una strada potrebbe essere puntare a ricollocare il basamento là dove giace sepolto, restituendolo alla città e - al contempo - valorizzando anche i quartieri periferici, anche se di questa opzione non si è parlato ufficialmente. «Questa - conclude Muchetti - può essere l’occasione per aprire un ragionamento più complessivo sul tema del ricollocamento delle opere all’interno della nostra città. Direi comunque che il modello da seguire è quello del manufatto sabaudo di via Corsica».
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