La russa Tatiana ai parenti ucraini: «Venite a Brescia da me»

È come se urlassero: «L’umanità è più forte della geopolitica. Noi vinciamo sulla guerra». Usano altre parole, ma il messaggio è chiaro: la pace è più importante del resto. Tatiana è russa e vive da vent’anni a Brescia, parla un italiano fluente ed è perfettamente integrata nella comunità.
Ieri mattina è arrivata in Questura accompagnata da una famiglia, composta dai genitori con due bambini. Sono suoi parenti, ma ucraini. Vengono da Žytomyr, città di 264.318 abitanti non molto più grande di Brescia, a 150 chilometri da Kiev. Per loro, però, il confine non è un ostacolo. E quando nelle scorse ore il centro dell’Oblast’ è diventato teatro del conflitto, Tatiana ha alzato il telefono e ha detto loro: «Venite da me a Brescia». Qualche giorno dopo la famiglia è arrivata all’ombra del Cidneo.
«Non ci ho pensato neanche un attimo ad ospitarli e sono contenta di avere avuto questa possibilità - dice la russa bresciana -. Ho deciso di fare questo passo anche per far capire che la gente non c’entra niente, il popolo russo non è come lo stanno dipingendo. Che siano ucraine o russe, le persone sono tutte uguali e insieme possiamo aiutarci a vicenda». Un manifesto, spiegato con parole semplici ma più efficaci di tante strategie politiche.
Anche perché accompagnate da gesti forti, concreti. Ancora spaesati, marito e moglie si guardano intorno nella Parrocchia delle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa. Aiutati dai volontari dell’oratorio, da un’interprete e dalla stessa Tatiana, come tanti altri profughi (solo ieri ne è arrivato un centinaio) ricevono assistenza sanitaria e amministrativa. I quattro siedono tutti intorno a un tavolo, in un angolo. I due figli, 13 e 5 anni, tramutano in disegni le immagini che scorrono nella pellicola della propria fantasia. Sul foglio anche una casa, forse quella lasciata in Ucraina.
«Nei giorni scorsi la situazione stava diventando drammatica - racconta il papà -, siamo fuggiti ma nella nostra città sono rimasti altri parenti. Ormai stanno bombardando ogni notte e non sanno dove nascondersi, hanno paura». La moglie, invece, apre alla speranza dopo le ultime notizie sui negoziati: Continuiamo a sperare, perché noi vogliamo questa pace. Ora però siamo sollevati di essere a Brescia, soprattutto per la sicurezza dei nostri figli. All’improvviso i volontari dell’oratorio consegnano al tavolo una teglia di pizze appena sfornate. Gli occhi dei bambini si illuminano, si intravede un sorriso.
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