«La bilancia in palestra non deve entrare»

Appassionati e familiari di ginnaste commentano il caso relativo alle denunce per maltrattamenti nella ginnastica ritmica
Le atlete bresciane avevano confidato alla madre i maltrattamenti psicologici
Le atlete bresciane avevano confidato alla madre i maltrattamenti psicologici
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Mentre il presidente della Federginnastica Gherardo Tecchi assicura di credere «a quello che hanno detto le ragazze, voglio che l’ambiente sia più lindo e trasparente possibile»; l’ex capitana della ritmica azzurra, Marta Pagnini, puntualizza come «uno degli aspetti fondamentali della ritmica è la grande disciplina che viene presto appresa dalle atlete, fin dai primi giorni in palestra e senza distinzione di livello».

Una «disciplina» che non sempre viene impartita in modo ortodosso, come ammette la stessa atleta: «Ho incontrato allenatrici che mi hanno dato tantissimo. Allo stesso modo ho incontrato persone negative, che mi hanno resa insicura e fragile, che hanno usato parole pesanti e offensive nei miei confronti, portandomi a passare momenti di grande tristezza e difficoltà».

Un modus operandi che sta scuotendo anche il web, dove appassionati della ritmica e genitori di giovani atlete non hanno risparmiato i commenti: «Bisognerebbe istituire un libro bianco, un sito dove ognuno posti le sue storie o quelle di cui ha saputo. E poi pubblicare, pubblicare, diffondere nelle scuole, in tutti gli ambiti educativi» auspica un utente. «La bilancia non deve entrare in palestra - scrive una mamma -. La bilancia è uno strumento che deve essere utilizzato esclusivamente da un nutrizionista o comunque da un medico, da una persona con un titolo di studio che le dia facoltà di utilizzarlo».

Le fa eco un altro utente: «La bilancia non deve esserci in palestra! Specie poi per le minorenni! Ci sono ragazzine che vanno ai gruppi nazionali con la bilancia nel trolley! Lo scandalo purtroppo riguarda questo sport a tutti i livelli!».

Infine l’auspicio: «La demonizzazione del cibo e l’umiliazione verbale dovranno abdicare a favore di una maggior conoscenza di una corretta alimentazione e consapevolezza che, chi vuole fare agonismo a certi livelli, deve necessariamente fare dei sacrifici, ma non deve vivere come in un lager».

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