«Io, soldatessa partita da Brescia, lotto in trincea per libertà»

Kristina si è arruolata nel 2020: «Difendo il Paese dalle atrocità dei russi Ci ripariamo nei boschi»
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KRISTINA: "DIFENDO LA MIA PATRIA"
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Brescia le piace tantissimo. Qui, dove ha vissuto per oltre dieci anni, cantava ai matrimoni e lavorava in un supermercato. Metteva il rossetto e indossava splendidi abiti con i tipici ricami della sua terra. Aveva tanti amici. Ora è una soldatessa. Dorme nei boschi, si nasconde in trincea, sa usare un mitra, vede ogni giorno guerra, distruzione, morte. Kristina combatte per la sua Ucraina. Nata nel Paese nel mirino dei russi, fin da piccola voleva diventare un militare.

A raccontarcelo è lei stessa, durante uno dei pochi momenti in cui il suo cellulare riesce a connettersi con l’Italia: «L’11 settembre 2020 ho prestato giuramento di fedeltà al popolo ucraino. I miei connazionali stavano soffocando: non potevo più rimanere a Brescia, città che amo e in cui abitano i miei genitori».

La paura

Due anni fa, quindi, è iniziata la sua missione nell’esercito. Era lì, il 24 febbraio scorso, quando i russi hanno bombardato il Paese. Non hai paura? «Sì, la paura c’è - risponde la 29enne che parla benissimo italiano - e ci deve essere: se non c’è paura non c’è istinto di autoconservazione». Ogni giorno Kristina ha a che fare con «terribili attacchi aerei, terribili bombardamenti di artiglieria. Ma - sostiene - tutto ciò non è nulla in confronto alla possibilità di essere uno schiavo come lo sono i russi».

La trincea, in un riparo scavato sotto terra, nei boschi
La trincea, in un riparo scavato sotto terra, nei boschi

Nascosta 

La giovane non può dire a nessuno dove si trova: «Pochi giorni fa abbiamo cacciato il nemico dalla nostra zona. La situazione più difficile l’abbiamo vissuta nei villaggi di Kuhari e Zhereva». Alcuni giorni il pericolo è talmente alto che «è impossibile uscire allo scoperto. Di notte dormiamo nei boschi, nelle trincee». Con lei c’è sempre «Vitaliy o Hmara, che in italiano significa "nuvola". È il mio migliore amico». Anche lui è partito da Brescia. C’è Vitaliy in molte delle fotografie che ci manda, compreso il selfie che si sono fatti davanti a ciò che rimane di una macchina rossa che erano riusciti ad acquistare con il denaro offerto da familiari e amici: «È stato colpita dall’artiglieria».

Stessa sorte ha avuto la casa in cui «fino a poco prima cucinavo»: è stata distrutta dalle bombe. Video e scatti dimostrano che la zona del Paese in cui si trova ora Kristina è devastata: «Mi dispiace tantissimo per queste persone - commenta -. La guerra è terribile. Nei villaggi che abbiamo liberato la gente ci ha raccontato che i russi hanno cercato gli uomini che combattono dal 2014 e hanno sparato vicinissimo a loro per spaventarli. Poi è successo altro. Sinceramente mi risulta difficile parlare di quello che fanno questi animali...». 

Kristina,29 anni, con l’amico militare davanti a ciò che resta dell’auto  comprata grazie a parenti e amici
Kristina,29 anni, con l’amico militare davanti a ciò che resta dell’auto comprata grazie a parenti e amici

Le chiamate a casa

In Ucraina, di questi tempi, fa molto freddo. Il suo amico ha le mani distrutte. Quasi ogni giorno, anche solo per qualche minuto, la giovane sente i familiari. A mamma Alina «dico sempre che va tutto bene e che non è in pericolo». A Brescia la donna sta ospitando la nonna e la zia, fuggite dalle bombe. Quando anche Kristina era qui animava con il suo canto nozze e battesimi ucraini e partecipava alle iniziative culturali (e spesso di carattere musicale o folcloristico) organizzate dall’associazione Nadiya, ora molto impegnata nella gestione degli aiuti umanitari diretti in Ucraina. «Brescia mi manca - ammette -, lì ho tanti amici, la mia famiglia. Ci tornerò quando la guerra finirà».

Intanto la sua missione continua. Il fatto di essere una soldatessa tra tanti uomini non l’ha mai spaventata: «Siamo come parenti», dice. Coraggio e determinazione guidano ogni sua azione: «Voglio che l’Ucraina sia libera. Tutti noi lo vogliamo. Le persone non devono soffrire, i bambini non devono morire».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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