Inchiesta Leonessa, il funzionario del Fisco ammette: «Ho preso denaro»

Nel processo Leonessa nega però la corruzione: «Non ho commesso atti contrari ai miei doveri»
Davanti ai giudici l’imputato ha raccontato la sua versione dell’accaduto - © www.giornaledibrescia.it
Davanti ai giudici l’imputato ha raccontato la sua versione dell’accaduto - © www.giornaledibrescia.it
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Il Tribunale di Brescia in data 16 gennaio 2025 ha assolto De Domenico Alessandro dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste.

Ha premesso: «Non chiedevo favori perché non volevo che ne chiedessero a me». Poi ha ammesso di aver preso soldi che non doveva. Ma ha precisato: «Non era una tangente. Ho fatto credere ad un imprenditore che aveva ottenuto la riduzione della sanzione Iva per merito mio, mentre non avevo fatto nulla. Si è trattato di millantato credito».

L’ammissione

Tre anni e mezzo dopo essere finito in carcere, nel filone della maxi inchiesta Leonessa relativo ai presunti episodi di corruzione di pubblici ufficiali per ammorbidire controlli fiscali, il funzionario, sospeso, dell’Agenzia delle Entrate Alessandro De Domenico ha confessato di essersi spartito con il finanziere reo confesso Francesco Liguoro, 65mila euro versati dall’imprenditore di Sale Marasino Giovanni Fervorari, che, nel febbraio 2021 dopo essere stato condannato a sette anni per fatture false, si è tolto la vita mentre, ai domiciliari, attendeva l’inizio del processo per corruzione. Secondo le indagini aveva versato una maxi tangente per ottenere uno sconto sui 21 milioni di euro che avrebbe dovuto pagare al Fisco. Chiuse il contezioso restituendo 1 milione e 424mila. Vale a dire il 5%.

E proprio parlando dell’imprenditore e della pratica al centro del caso, ieri in aula Alessandro De Domenico ha spiegato: «Era convinto di dover pagare l’8% del totale, ma la legge prevedeva il pagamento del 5% come è poi è stato. Ho pensato - ha ammesso - di approfittare dell’errore, ho voluto far credere fosse merito mio se la sanzione Iva passava dall’8 al 5%, ma non ho fatto nulla. Sapevo che Fervorari era ricco e generoso e ho accettato i suoi soldi, millantando di aver avuto dei meriti».

De Domenico ha escluso che ci siano state responsabilità, come invece crede l’accusa, dell’allora direttore dell’Agenzia delle Entrate di Brescia Generoso Biondi, anche lui accusato di corruzione e che nella ricostruzione della Procura avrebbe incassato la fetta più grande della maxi tangente da 65mila euro. «Ho paventato con il finanziere Liguoro e con l’imprenditore un mio intervento sul direttore provinciale, ma non avevo alcuna intenzione di coinvolgerlo e non l’ho mai coinvolto. Biondi non sapeva nulla».

Le buste con i soldi

Davanti ai giudici l’ imputato ha raccontato: «Ad aprile 2018 Fervorari dice a me e Liguoro che ci avrebbe dato il giorno dopo dieci mila euro, che nella sua intenzione erano da dare al direttore per un millantato intervento. A Liguoro assicuro: ce li dividiamo. Invece poi me li sono tenuti tutti io» sono state le parole di De Domenico. Ha ammesso poi di aver preso «una volta 7.300 euro in una busta da Liguoro e in un’altra occasione 15mila euro. Nonostante avessi assicurato al finanziere che ne avrei dati il 50% al direttore Biondi non l’ho mai fatto, perché lui era all’oscuro». Intercettato mentre mette in tasca la tangente da 15mila euro esclama: «Che bello». «È vero, ero contento perché senza fare nulla avevo preso dei soldi. Ho portato la busta in garage e ho speso i 15mila euro per le mie esigenze familiari. All’epoca ero capo area e prendevo 3mila euro netti di stipendio. Ho due bambini piccoli e i soldi si sa che con i figli vanno via velocemente. Non ho fatto spese rilevanti». Poi ha concluso: «Ho sbagliato a comportarmi così. Sto restituendo il denaro che ho preso, alla fondazione Telethon come da accordi con la vedova Fervorari».

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