Inchiesta Leonessa: «Così ho corrotto funzionari dell’Agenzia delle Entrate»

Il luogotenente della Guardia di Finanza Liguoro sul banco dei testimoni nell’ambito del processo ai vertici del Fisco
Funzionari dell'Agenzia delle Entrate a processo per corruzione - © www.giornaledibrescia.it
Funzionari dell'Agenzia delle Entrate a processo per corruzione - © www.giornaledibrescia.it
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Dare informazioni coperte da segreto su ispezioni e controlli. Cercare di averne dai colleghi. Ma anche di ottenere da direttore e funzionari dell’Agenzia delle Entrate sostanziosi sconti sulle cartelle esattoriali per imprenditori amici o per amici degli amici. Un incarico - sotto banco e oltre la legge - che gli ha fruttato qualche migliaio di euro extra, ma anche una condanna a 4 anni patteggiata con il pubblico ministero.

Lui è Francesco Liguoro, luogotenente della Guardia di Finanza in attesa del congedo e della pensione, finito al centro della maxi inchiesta Leonessa con la quale la procura della Repubblica ha acceso i suoi riflettori su rapporti malati tra impresa sleale e amministrazione pubblica infedele. Ieri il 58enne militare delle Fiamme Gialle in servizio all’epoca a Brescia è stato sentito in qualità di testimone nel corso del processo che vede sul banco degli imputati l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Generoso Biondi, l’ex capo area della Direzione provinciale di Brescia Alessandro De Domenico; il commercialista Mauro Rigamonti, il funzionario delle Entrate Giovanni Zapparata, il consulente del lavoro Pietro Santo Simonini, il maresciallo aiutante della Gdf Antonio Pavone e Pasquale Giovanni Castaldo.

Rispondendo - anche con qualche «mi sembra», «forse», «credo» e «penso» che hanno spazientito i giudici - Liguoro ha ammesso di aver ricevuto denaro, o quanto meno la promessa, da Rigamonti per fornigli informazioni coperte da segreto utili ad alcuni suoi colleghi. «Mi disse che mi avrebbe aiutato con l’acquisto dei pannelli fotovoltaici - ha detto Liguoro rispondendo al pm Marzia Aliatis - ma poi non lo fece. Anzi. Mi pagai tutto l’impianto, peraltro ad un prezzo superiore al suo valore».

In merito alla corruzione di Generoso Biondi e di Alessandro De Domenico, sollecitato anche dalla lettura di alcuni verbali che aveva sottoscritti, Liguoro ha confermato il suo ruolo di intermediario, ma anche di pony express della mazzetta. «Un imprenditore amico mi chiese se potevo muovermi per fargli accogliere un’istanza di conciliazione» ha detto il finanziere. Si mosse, secondo l’accusa, per fargli pagare poco meno di un milione e mezzo di euro dei complessivi 21 che questi avrebbe dovuto versare in seguito ad accertamenti per emissione di fatture per operazione inesistenti.

«L’amico mi disse che era disposto a mettere a disposizione 50mila euro da dividere tra chi si interessava - ha proseguito Liguoro - io conoscevo Di Domenico e li feci incontrare. Quest’ultimo spiegò che bisognava coinvolgere il direttore (Biondi, ndr) e che anche a lui andava dato qualcosa». Quanto? «Con precisione non lo so - ha detto il teste -; io mi sono trattenuto una parte. Il resto l’ho consegnato a Di Domenico. A Biondi andava la quota maggiore. Era lui a fare la parte più importante».

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