In Lombardia i tamponi fatti sono ancora troppo pochi

La media è di 99 tamponi ogni centomila abitanti, ma per la Fondazione Gimbe dovrebbero essere almeno 250
Un tampone in una clinica drive in - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Un tampone in una clinica drive in - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Ormai è chiaro. Il monitoraggio del contagio da Covid-19 sarà fondamentale per la gestione della Fase 2. Un monitoraggio che passa (anche) dai tamponi. Ancora troppo pochi quelli effettuati in Lombardia, sebbene si sia passati dai 4mila d’inizio emergenza agli oltre 10mila di media degli ultimi giorni (oggi però sono scesi a 7.369) con oltre 30 laboratori accreditati ai fronte dei tre iniziali.

Secondo la Fondazione Gimbe di Bologna però dovrebbero essere più del doppio, 250 ogni 100mila abitanti, mentre ora siamo fermi a 99. Cifra che colloca la Lombardia nella «fascia critica», pur essendo la regione con più casi e più morti, la metà del totale nazionale.

La Fondazione Gimbe ha acceso i riflettori sulla giungla dei tamponi a livello nazionale: troppo pochi e un eccesso di variabilità da regione a regione. Si va dai 222 ogni 100mila abitanti di Trento ai 37 della Puglia. «Raccomandazioni internazionali, evidenze scientifiche e disponibilità di reagenti confermano che nella Fase 2 serve una strategia di testing esteso» spiega lo studio bolognese. Tuttavia ad oggi i test, in Italia, si fermano in media a 59 al giorno ogni 100mila abitanti. La Fondazione ha preso in esame i tamponi effettuati tra il 22 aprile e il 6 maggio e ha suddiviso le regioni secondo le 5 classi elaborate dalla Fondazione David Hume, che ha messo in risalto come vi sia una correlazione tra tamponi e mortalità: «più tamponi, meno morti».

In Paesi come Israele o Islanda, dove si fanno più di 250 tamponi ogni 100mila abitanti, il tasso di mortalità è 15 volte inferiore rispetto all’Italia che sta sotto la «soglia critica» di 60 tamponi. Significativo il caso della Lombardia. Nella nostra regione sono stati fatti pochi tamponi in più del Veneto (477mila contro 432mila). Ma la regione di Zaia ha la metà della nostra popolazione e soprattutto un quarto dei contagiati e un nono dei decessi Covid.

 

 

Per quanto riguarda Brescia, i cinque laboratori della provincia hanno processato finora 111.201 tamponi (dato aggiornato all'8 maggio). Di questi, 21.489 sono risultati positivi. Un dato a cui non corrispondono 21.489 infetti, lo sottolineiamo, dato che una persone viene sottoposta a tampone più volte. Gli ultimi dati diffusi da Regione Lombardia parlano di 13.550 casi nel Bresciano. 

A limitare fortemente il numero degli esami fatti è il problema dei reagenti che, come avvenuto nel caso dei test sierologici a Brescia, sono disponibili in quantità limitata. Un problema che non riguarda solo l'Italia, ma che si sta verificando a livello internazionale. C'è poi la questione legata al personale e alle attrezzature. In generale, lo studio della Fondazione richiama comunque le regioni a «implementare l’estensione dei tamponi» e chiede al Governo «di inserire tra gli indicatori della Fase 2 uno standard minimo di almeno 250 tamponi diagnostici al giorno per 100mila abitanti». Così da «neutralizzare comportamenti opportunistici finalizzati a ridurre la diagnosi di un numero troppo elevato di nuovi casi che aumenterebbe il rischio di nuovi lockdown».

 

 

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