Il Vescovo in pizzeria: «Vicino a chi è in difficoltà col lavoro»

Visita in due locali di Molinetto che fanno asporto. Mons. Tremolada: «Non bisogna perdere la fiducia»
  • Il vescovo Tremolada in visita a ristoranti e pizzerie al tempo del Covid
    Il vescovo Tremolada in visita a ristoranti e pizzerie al tempo del Covid
  • Il vescovo Tremolada in visita a ristoranti e pizzerie al tempo del Covid
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«Abbiamo aperto l’8 marzo del 2010. Volevamo festeggiare i nostri primi dieci anni di attività, invece proprio l’8 marzo il Covid ci ha fatto una bella sorpresa». Chiusura per lockdown. Maurizio, sangue campano, non rinuncia all’ironia. Amara, ma «bisogna pur andare avanti». Sorride anche mons. Pierantonio Tremolada nella pizzeria ristorante Cavour della famiglia Naclerio a Molinetto di Mazzano. Il vescovo ha inaugurato ieri pomeriggio una serie di incontri per esprimere al mondo del lavoro la vicinanza della Chiesa bresciana in questi tempi difficili.

La prima uscita di mons. Tremolada è a Molinetto con il settore della ristorazione. Una visita all’insegna della semplicità, per raccogliere testimonianze e restituire fiducia. Un gesto simbolico, accolto con gioia dai destinatari. Insieme al vescovo ci sono il suo segretario don Sergio, il parroco di Molinetto, don Claudio Andreoletti, e suor Italina Parente, dell’Ufficio per l’impegno sociale. Prima tappa dalla famiglia Avitabile, titolare di «Nati per la pizza». Papà Roberto, mamma Antonietta, i figli Natale e Alessia. Pizza d’asporto. «Ho sempre fatto questo mestiere, dieci anni fa mi sono messo in proprio», spiega Roberto al vescovo. Sulle pareti del locale dipinti del golfo di Napoli, foto di Capri e della Costa Amalfitana. «Veniamo da lì», dice Antonietta, un po’ commossa, a mons. Tremolada.

In calo. «Per fortuna non siamo fra i più colpiti», afferma Natale. Il lavoro è calato, si spende e si esce di meno. «Però c’è chi sta peggio di noi, come bar e ristoranti. Noi siamo una piccola impresa familiare, ma chi ha una certa dimensione e deve pagare i dipendenti se la passa male». Non hanno chiesto i ristori del Governo: «C’è chi ha più bisogno». Il vescovo spiega le ragioni della sua visita. «In questo momento il lavoro attraversa un momento difficile ed è giusto dare un semplice gesto di vicinanza». L’emergenza provocata dalla pandemia, dice, ha fatto «comprendere meglio il valore del lavoro con la sua fondamentale dimensione sociale».

La speranza. Tremolada dona un Gesù nella culla e una pergamena: «A Betlemme, casa del pane - vi si legge - Dio si fa bambino e ci regala la promessa di un mondo che si fa nuovo a partire dalla fragilità di un piccolo bimbo. Io prego per voi - scrive il vescovo - perché nel vostro lavoro, nelle notti che oggi attraversa, possiate sentire la consolazione della sua preghiera e alimentare la speranza». C’è proprio bisogno di fiducia e di un Natale che porti speranza, dicono in coro alla pizzeria e ristorante Cavour, a conduzione familiare. Vittorio Naclerio e la moglie Maddalena vivono nel Bresciano da decenni. Sono anche loro originari della Costa Amalfitana. Dieci anni fa, con i figli Maurizio e Salvatore, hanno preso in gestione il ristorante-pizzeria. Era pronta la festa di compleanno, giusto nei giorni del primo dpcm che ha inaugurato la serie delle chiusure.

I ristori. «Adesso facciamo pranzi d’asporto, ma la gente non c’è», commenta Maddalena. «Non esce, non spende, anche i camionisti o i viaggiatori sono scomparsi». La cosa più bella «nel nostro mestiere - continua - è incontrare la gente, parlare, costruire rapporti, così è tutto spento, non c’è vita. Speriamo di riprendere al più presto». Quanto ai ristori, dice Salvatore al vescovo, «qualcosa è arrivato, ma giusto per pagare l’affitto e la luce». Un trancio di pizza dagli Avitabile, una fetta di panettone dai Naclerio per condividere con loro le preoccupazioni di chi lavora nella ristorazione. Visite individuali per un messaggio rivolto ai molti: «Dobbiamo nutrire la speranza - ribadisce il vescovo - usciremo da questa situazione». Mons. Tremolada, fin dall’inizio della pandemia, non si è risparmiato nello stare a fianco dei bresciani. Per dare coraggio, consolazione, senso alle giornate peggiori. Per raccomandare il ricordo dei lutti, dei dolori e dei sacrifici. Alla base una invocazione precisa, ribadita in più occasioni: «Dopo il Covid - le sue parole - non si può tornare alla normalità di prima, c’è bisogno di una progettualità sapiente e concreta che riconosca nel bene comune il suo obiettivo e si impegni a perseguirlo».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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