Il questore Spina: «La nostra attenzione è rivolta al possibile ritorno dei foreign fighters»

È stato ospite a Giurisprudenza in un seminario di Criminologia col dirigente Diego Parente
  • Il convegno al Giurisprudenza con il questore Spina
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I due pilastri dell’attività antiterrorismo sono la prevenzione e la sinergia tra forze di Polizia. In più, secondo il questore di Brescia Eugenio Spina, «anche la capacità dell’ordinamento di recepire nuove norme e istituti segnalati dagli operatori come avvenuto dopo i delitti D’Antona e Biagi dei primi anni 2000 appare di estrema importanza».

Questo il messaggio portato nel seminario che si è svolto ieri a Giurisprudenza per il corso di Criminologia, con ospite il dott. Diego Parente, Dirigente generale di Ps e Direttore della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione UCIGOS.

Il seminario

Il titolo del seminario era «Il sistema italiano di contrasto alla minaccia terroristica». Tra gli ospiti il Prefetto, i vertici della Procura e del Tribunale, numerosi magistrati del distretto giudiziario ed i responsabili provinciali dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della DIA. Ai lavori, coordinati dal prof. Carlo Alberto Romano, ha partecipato il Questore.

Spina, già in servizio alla DCPP, ha tracciato le linee evolutive della legislazione antiterrorismo ed il ruolo centrale esercitato dalla Direzione Centrale Polizia di Prevenzione/UCIGOS. «Sui rischi di eventuali attacchi terroristici la nostra attenzione è sempre salda sui foreign fighters che nel caso in cui dovessero rientrare da teatri di combattimento rappresentare una minaccia per la radicalizzazione e l’esperienza militare». Secondo il Questore l’esperienza insegna «che in molti casi è subentrata la riabilitazione: si sono pentiti delle scelte e sono rientrati nella norma,. Ma non di meno la struttura è orientata a leggere tutti i segnali e a fornire le risposte».

Mentre la prevenzione è affidata «alla capacità di anticipare la soglia d’intervento per evitare che una minaccia di natura terroristica possa dispiegare i suoi effetti», per sinergia - ha detto il dott. Parente – «intendiamo una messa a fattore comune di esperienze, di professionalità di tutti quei soggetti che sono chiamati a declinare le politiche di sicurezza. L’asset fondamentale è il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (CASA)».

Il fronte

Per l’esperto del Ministero che si è concesso al dibattito con gli studenti, il fronte caldo del terrorismo di matrice islamista «non è più il teatro siriano-iracheno, ma quello africano». Il terreno di conquista conteso tra Al Qaida e Daesh, «è una grandissima zona dell’Africa che comprende il Sahel, cioè Mali, Burkina Faso, Niger, e arriva fino alla Nigeria e alla Repubblica del Congo, estendendosi fino alla Somalia, il Kenya». Una grandissima area nella quale vengono colpiti obiettivi anche civili, in larga parte riconducibili al cristianesimo. «La retorica jihadista identifica infatti il nemico con il cristiano, creando un parallelismo tra cristianesimo e colonialismo».

Nel corso del seminario il dott. Parente ha potuto poi illustrare l’evoluzione del sistema di contrasto del terrorismo previsto dal nostro ordinamento, tracciando il quadro delle complesse attività di prevenzione messe in campo dalla Polizia di Stato. «Non a caso in otto anni sono stati 575 i soggetti espulsi dal Paese per motivi di sicurezza nazionale – ha aggiunto -. Per altri è stato invece disposto un divieto di ingresso sul territorio nazionale, perché ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale». E proprio il C.A.S.A. appare come il punto di incontro sinergico degli apparati di sicurezza con la piena circolarità informativa e la migliore valutazione della minaccia terroristica. 

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