Il prefetto Laganà: «La Repubblica in festa, con al centro giovani e lavoro»

La rappresentante dello Stato parla alla sua prima celebrazione dopo il suo arrivo a Brescia nel gennaio di quest'anno
Il prefetto Maria Rosaria Laganà - © www.giornaledibrescia.it
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Racconta che per natura vede sempre il bicchiere mezzo pieno. «Come va? potrebbe andare peggio» risponde Maria Rosaria Laganà, alla sua prima Festa della Repubblica da Prefetto di Brescia.

Cosa rappresenta oggi questo 2 giugno?

«Penso debba essere sentita come la festa per eccellenza degli italiani. Ha una sua sacralità a prescindere dalle contingenze del momento che però devono farci apprezzare ancor di più limpegno di chi ci ha preceduto. Deve essere l'esaltazione della democrazia e della libertà. Viene vista come una festa delle istituzioni, ma vorrei che fosse una festa di piazza, della gente, delle famiglie, dei giovani. Una festa di partecipazione»

L’Italia è ancora una Repubblica fondata sul lavoro?

«Il lavoro deve essere dignitoso, ma anche sicuro. Non vanno messe in discussione le garanzie che devono essere date al lavoratore, sul piano della sicurezza, ma anche sul piano del giusto riconoscimento economico.

In Italia è troppo ampia la forbice tra lo stipendio di un manager e quello di un operaio ed è una dinamica che deve essere controllata. Bisogna poi trovare la sintesi tra chi dice che manca il lavoro e chi sostiene che non ci sono giovani che vogliono lavorare. Può essere vero che le generazioni di oggi sono nate in una società ricca e non percepiscono il sacrifico e la gavetta. In alcuni settori però si specula molto sulle condizioni di lavoro non dignitose e che non consentono ad una persona di fare progetti sul futuro».

A proposito di giovani, nelle ultime settimane nel Bresciano sono stati arrestate decine di giovani, tanti dei quali minorenni, per reati contro i coetanei. È preoccupata?

«Fanno notizie questi casi che però rappresentano la minoranza della popolazione giovanile. Sono più amareggiata che preoccupata. Cè una noia del vivere sulla quale dobbiamo interrogarci anche perché non parliamo di frange di ragazzi disadattati, ma spesso siamo davanti a giovani di famiglie benestanti e integrate. C’è una povertà educativa evidente. Abbiamo messo in discussione la scuola tradizionale e la famiglia tradizionale, però forse non siamo riusciti a proporre modelli alternativi.

I genitori sanno cosa fanno i loro ragazzi? Che reazione hanno davanti ai comportamenti dei figli? Brescia ha una ricchezza di proposte per tutte le età ed è difficile capire perché questi ragazzi non siano attratti dalle proposte, ma devono fare azioni gravi che mettono unipoteca sulla loro vita futura. Si è dato colpa al Covid che può aver accentuato il fenomeno perché è stata la prima vera grande difficoltà che molti giovani hanno vissuto. Però, tornando al valore della Festa della Repubblica, ricordiamoci che i nostri nonni hanno affrontato i loro anni più belli, durante il periodo della guerra, con fame e povertà, eppure hanno fatto un’Italia prosperosa».

Pochi giorni fa Brescia ha ricordato la strage di Piazza della Loggia. Da rappresentante delle istituzioni come valuta il fatto che ancora manchino pezzi di verità?

«Condivido il pensiero di Benedetta Tobagi: e uno pensa a quanti depistaggi ci sono stati e all’attività oscura di quella parte di istituzioni malate, capisce perché ci sono difficoltà a chiudere il cerchio. Certamente è un’anomalia che ci vogliano anni e anni per arrivare alla verità. A volte guardiamo con invidia agli Stati Uniti, ma sappiamo che da noi ci sono principi diversi. Da noi meglio un delinquente fuori, che un innocente in carcere e questo rappresenta il grande senso di civiltà che ci contraddistingue anche dal punto di vista giudiziario.

Per Piazza della Loggia ammiro la capacità dei parenti delle vittime che non si sono chiusi in loro stessi, ma ne hanno fatto uno strumento di divulgazione dei valori della democrazia. Questa è una grande lezione. Per Brescia è un privilegio nato da un evento gravissimo. Questa città ha pagato un costo altissimo, ma ha rafforzato le fondamenta della democrazia».

Oggi la festa del 2 giugno si celebra nel trentennale delle stragi di mafia in cui morirono Falcone e Borsellino.

«È cambiato il clima e paradossalmente quelle stragi hanno rappresentato un punto di non ritorno anche per la stessa mafia. Però la criminalità organizzata non è sparita e non riguarda solo la Sicilia o comunque zone del sud. La mafia si è trasformata, non c’è più spargimento di sangue, ma è pericolosa dal punto di vista della contaminazione dell’economia».

Anche a Brescia è così?

«Brescia è stata ampiamente contaminata dalla criminalità organizzata e lo dicono le indagini. Non c’è più neanche il tentativo di infiltrazione, ma vere e proprie penetrazioni. È una provincia che ha un tessuto economico molto forte e che va salvaguardato. Il problema nasce quando qualche azienda va in difficoltà e bisogna fare attenzione che non ci sia immissione di denaro sporco in attività che rifioriscono soltanto perché passano dalle mani di un imprenditore per bene ma in difficoltà a persone che non sono per bene e devono ripulire il denaro. A tal proposito un ruolo importante lo devono avere i professionisti.

Dalle indagini emerge infatti che a fianco della mafia ci sono sempre grandi consulenti. Vanno tenuti gli occhi aperti. Anche e soprattutto in questo momento in cui con il Pnrr circolerà molto denaro. Che deve diventare un risorsa per il territorio e non un grimaldello per la criminalità organizzata».

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