I veleni della Caffaro che infestano anche le acque del Mella

In quattro anni il piano Loggia-Aecom sul polo industriale farà da filtro e barriera agli inquinanti per salvare il fiume
I terreni. Ersaf ha condotto studi e sperimentazioni sulle coltivazioni - © www.giornaledibrescia.it
I terreni. Ersaf ha condotto studi e sperimentazioni sulle coltivazioni - © www.giornaledibrescia.it
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È ormai un viaggio che dura da anni, seguendo sempre lo stesso velenoso tragitto: inizia nello stabilimento di via Milano, passa dai fossi, si tuffa nel Garzetta per poi cascare dritto nel Mella. Così ora il cocktail di inquinanti (Pcb, metalli e cromo) della Caffaro infesta anche le acque del fiume di casa. E se è vero che gli «effetti collaterali» vengono di fatto diluiti dalla consistente portata del corso (al punto che gli enti certificano valori comunque entro i limiti anche grazie al primo trattamento delle acque che avviene nell’azienda), è altrettanto vero che le concentrazioni dei contaminanti, sono più che consistenti. Specie se rapportati proprio a quella stessa mastodontica portata di acqua che il Mella «gestisce».

Un tema, quello delle acque, che rappresenta non a caso uno dei capitoli portanti del progetto di bonifica voluto dal sindaco Emilio Del Bono, coordinato dal commissario straordinario Roberto Moreni e tradotto in tecnica dall’americana Aecom. E che, in quattro anni di lavori, potrà «salvare» il Mella dall’infestazione Caffaro attraverso una matrioska di azioni dal terreno ai pozzi e, quindi, alle acque. Come funziona? Archiviata del tutto l’idea di realizzare, all’interno della fabbrica di via Milano, un «sarcofago» che incanalasse l’acqua contaminata («oltre a costare troppo, avrebbe mantenuto in loco gli inquinanti senza nessuna garanzia che poi i liquidi potessero filtrare» ha spiegato il commissario) si procederà per fasi, riducendo la portata degli emungimenti.

In sostanza il primo passo sarà far funzionare meglio l’impianto di trattamento sfruttando in un primo momento i pozzi esistenti e dimezzando la portata «a quanto serve per garantire il risultato» per dirla con le parole di Moreni. Il metodo. Per capirlo meglio basta tradurre la teoria in cifre: al momento la portata degli emungimenti è ancora come se lo stabilimento lavorasse a pieno regime, vale a dire 1.500 metri cubi l’ora. Ricorrendo a un paragoe, è come se nell’arco di un’ora si riempisse completamente di acqua una stanza grande circa 500 metri quadrati. Il piano prevede perciò di dimezzare subito questo valore: si passerà prima a una portata di 800 metri cubi/ora, quindi di 450, infine di 120. Con l’avvio della bonifica dei terreni, e attraverso il sistema dei pozzi, si passerà gradualmente ad azioni più mirate.

Una volta ridotte (o eliminate) le sorgenti secondarie nel sottosuolo, si proseguirà con emungimenti localizzati. A quel punto - dopo quattro anni di interventi - i fossi prima, il Garzetta subito dopo e il Mella infine saranno finalmente «curati» dall’epidemia Caffaro.

 

 

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