«I russi non sono come Putin, la guerra spaventa anche noi»

Il conflitto vissuto da una russa che risiede a Brescia e che è tornata nel suo Paese d’origine poco prima della chiusura dello spazio aereo
La cittadella fortificata del Cremlino - Ansa © www.giornaledibrescia.it
La cittadella fortificata del Cremlino - Ansa © www.giornaledibrescia.it
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A Mosca è arrivata nel pomeriggio di domenica, con l’ultimo volo in partenza da Malpensa prima della decisione delle autorità di chiudere lo spazio aereo italiano con la Russia. «La maggioranza dei passeggeri era russa. Ero l’unica italiana».

Percepiamo quell’attimo di silenzio che Natasha (nome di fantasia) osserva, malgrado la distanza che esiste pur se quasi annullata dalla Rete. «Italiana? Certo, la mia famiglia lo è e con loro vivo in provincia di Brescia. Ma sono russa, profondamente russa. Ed ora? Credete forse che debba vergognarmi di dire che lo sono? Ora, siamo in guerra. Ci siamo quasi scivolati, in un crescendo di stupore e di paura. Non ci siamo accorti, in particolare noi europei tutti, che a questo saremmo arrivati - continua la giovane donna -. Non siamo stati capaci di capire che la tensione aumentava di giorno in giorno in un’area in cui si combatte da otto anni. Non abbiamo visto, perché la nostra attenzione era focalizzata su quelle stupide proteste no vax».

Nella fredda giornata invernale della capitale russa, Natasha ne trascorre una parte parlando con noi, per ribadire con una determinazione che non tradisce tentennamenti, «che i russi sono contro la guerra». Lo ribadisce con forza ed è addolorata che l’informazione sia sempre, e soltanto, a senso unico: «Sono orgogliosa di essere russa e soffro nel vedere che viene fomentata una campagna di odio nei confronti del mio popolo. Il popolo ucraino bombardato è senza dubbio quello che sta soffrendo, ma anche i russi tremano al pensiero che i loro figli potrebbero essere chiamati a combattere.

Putin è un dittatore e, come tutti i dittatori, non può essere buono. Biden è inadeguato: oltreoceano sono al sicuro e dalla loro posizione di sicurezza manipolano l’Europa ed è anche responsabilità europea quello che sta accadendo, per questo devono insistere nella soluzione immediata del conflitto per trovare la pace. Certo che la soluzione non era la guerra ed anche in Russia sono moltissimi quelli che condannano la decisione di Putin. Nel Donbass si poteva, e doveva, risolvere in modo pacifico: l’Ucraina è un Paese tra due mondi e chi ha più influenza su di esso se ne serve, certo non per favorire il suo sviluppo economico».

«Voglio e vogliamo la pace. Ora bisogna aiutare tutti quelli che hanno bisogno e non perdere tempo a creare odio ed aumentare il conflitto, soprattutto nel tentativo di convincere un popolo a vergognarsi di se stesso». Ancora: «Vorrei fare l’esempio di Israele, nell’ultima crisi con Hamas. Ebbene, la maggior parte delle persone in Italia e in Europa era preoccupata, giustamente, per i palestinesi. Non ho sentito una parola per i poveri israeliani costretti a scendere nei bunker per non rimanere sotto i razzi. Ecco, questo esempio insegna che chi dice di essere per la pace, spesso è per la pace di qualcuno».

Non ci siamo accorti del rombo dei cannoni, fino a che i cannoni non hanno rombato. Papa Francesco, domenica all’Angelus ha citato il passo del Vangelo di Luca in cui si parla della pagliuzza nell’occhio del fratello senza accorgersi della trave che c’è nel nostro. Come durante un conflitto: per approdare ad un negoziato, e ad un accordo, si deve imboccare un terreno differente che implica l’ascolto delle ragioni altrui.

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