Giornata nazionale contro i disturbi alimentari: a Brescia ne soffrono 60mila persone
È un mondo complesso, dalle molteplici sfumature, quello dei disturbi del comportamento alimentare, di cui oggi si celebra la Giornata nazionale.
Tanto complesso che risulta riduttivo incasellarlo nella statistica del fenomeno. Che, tuttavia, ci aiuta comunque a comprendere che, oltre alla complessità siamo di fronte anche ad una quantità preoccupante di casi con un’incidenza che è aumentata del 30% negli ultimi due anni. Un effetto della pandemia che si è riversato soprattutto sui giovanissimi, colpiti fino a quattro volte di più rispetto al pre-Covid.
I dati
Nel Bresciano le persone afflitte da disturbi del comportamento alimentare sono complessivamente circa 60mila. Di queste, minorenni sono oltre seimila, con un esordio di malattia sempre più precoce, anche a dieci anni. «Abbiamo anche casi di giovanissimi che dobbiamo ricoverare perché le loro condizioni sono al limite, con un valore di indice di massa corporea anche di nove, quando si è considerati molto sottopeso se esso scende al di sotto di sedici» spiega Elisa Fazzi, direttrice della Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Asst Spedali Civili e Università degli Studi di Brescia e presidente Sinpia, Società italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza.Dice Fazzi: «Stiamo osservando quadri molto complessi in cui all’anoressia si aggiungono situazioni di ania, di autolesionosmo e di depressione molto più evidenti rispetto al passato». Un problema di salute pubblica in aumento, dunque, che riguarda anche bambine e, in misura minore, bambini in età prepuberale, con conseguenze più gravi sul corpo e sulla mente. Tra i ragazzini che soffrono di anoressia, l’87% è femmina e il 5% maschio. La bulimia colpisce circa l’8% del totale.
I ricoveri
«I casi più gravi richiedono il ricovero, altrimenti vengono seguiti dagli ambulatori, che sono stati potenziati in cui operano équipe multidisciplinari. Le persone in cura oggi sono circa duecento e il tempo di attesa per potervi accedere è di un paio di mesi - spiega Fazzi -. La nuova legge regionale prevede l’apertura di Mac, strutture che hanno sostituito il precedente regime di Day Hospital, e il potenziamento dell’attività ambulatoriale anche grazie al Nuovo polo, il primo dedicato alla Neuropsichiatria infantile in fase di realizzazione in via Nikolajewka. Un futuro sul quale stiamo investendo con grande energia, perché poter seguire i giovani anche in Day Hospital significa "liberare" dei posti letto, fermo restando che per le emergenze, ovviamente, il pronto soccorso rimane la prima porta di accesso.
Nel nostro reparto ci occupiamo del problema da oltre vent’anni, con quattro-sei posti su sedici occupati da ragazzi con disturbi del comportamento alimentare. Le degenze sono anche di oltre quattro mesi. Percorsi lunghi, dunque, cui si aggiunge la fatica a dimettere perché in alcune comunità terapeutiche, oltre alle liste d’attesa, accolgono dopo i sedici anni, in altre solo dopo che la paziente ha superato una serie di problemi "acuti", come l’alimentazione attraverso il sondino naso-gastrico».
Tempi lunghi
Una malattia dai tempi lunghi, quindi. «Ci vogliono anni, ma si può guarire, soprattutto se l’identificazione e l’intervento sono tempestivi» aggiunge Fazzi. «È una patologia dell’anima e della mente che alla base ha profondi disagi emotivi - continua -. Spesso noi genitori abbiamo paura di vedere la sofferenza sul volto dei nostri figli. La neghiamo perché riteniamo impossibile che non possano essere felici a fronte del fatto che non facciamo mancare loro nulla. Non vediamo la sofferenza e non siamo in grado, da genitori, di diventarne contenitori. Ecco, dunque, che il cibo si trasforma in una sorta di pedana sulla quale va in scena il conflitto».
La neuropsichiatra spiega che «la ragazza focalizza sul cibo il suo vuoto interiore che deriva dal fatto non sentirsi all’altezza e, per questo, di voler letteralmente sparire». E i genitori? «Si lasciano ovviamente intrappolare dal cibo, perché il nutrimento è vita, e non vedono che il disagio va ben oltre. Quando arrivano in ospedale sono disperati e il ricovero serve anche a far calare la tensione. Serve ad evitare che la relazione continui ad essere paralizzata dal cibo, al quale da quel momento pensiamo noi, e che possa essere recuperata su altri livelli».
Lo sportello gratuito a Brescia
L'Aidap Brescia oggi metterà a disposizione nella sede di via F.lli Ugoni 8/D alcuni sportelli gratuiti di ascolto, dove gli psicoterapeuti dell’associazione potranno dare informazioni e supporto riguardo ad una malattia che molte famiglie si trovano ad affrontare senza gli strumenti adeguati. Per appuntamenti basta telefonare al 331 9090110.
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