Perché la polemica sulle «devianze» trasforma l'umanità in materiale da propaganda

Arianna Colzi
In un video Giorgia Meloni ha definito così i Disturbi del comportamento alimentare. Ma il discorso sull'anoressia è un altro
Una ragazza si guarda allo specchio
Una ragazza si guarda allo specchio
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Devianze. È questo l'ultimo tema della feroce campagna elettorale che è entrata nel vivo ora che mancano 33 giorni al voto. Per Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, i Disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono «devianze», come ha scritto qualche giorno fa sui suoi canali social (in un videocommento poi rimosso da Twitter). Storture, qualcosa da denigrare e di cui magari vergognarsi. Insieme ai DCA Meloni inserisce, in questo sciagurato elenco, dipendenze e malattie contro cui molte persone lottano per un'intera vita.

L'anoressia e altri disturbi alimentari, che colpiscono attualmente circa 2,9 milioni di persone in Italia (stando agli ultimi numeri del Ma.nu.al redatto dall'Istituto superiore di sanità), sono spesso per chi ne soffre motivo di allontanamento dalla società, una solitudine autoimposta anche a causa dello stigma sociale che accompagna queste malattie. Un rinchiudersi lontano dalle occasioni sociali per non dover esibire un corpo che è un macigno, un fardello da interpretare e ancora da digerire. Un corpo da controllare. Fino all'ossessione.

Se da un lato la body positivity ha fatto tanto negli ultimi anni per sensibilizzare su queste malattie e l'accettazione di ogni corpo come corpo valido, ecco che dall'altro la politica si divide sull'umanità, sulle debolezze (talvolta fatali se non affrontate a dovere e con tempismo) accentuando un disagio che, invece, proprio le istituzioni dovrebbero combattere.

Accettare la vulnerabilità, accantonare l'ossessione della perfezione inarrivabile è il messaggio che chi abbraccia un percorso di cura impara a conoscere e a fare suo. Con fatica. «Sottovalutare i nomi delle cose è l'errore peggiore di questo nostro tempo, che vive molte tragedie, ma soprattutto quella semantica, che è una tragedia etica», ha dichiarato la scrittrice Michela Murgia. Quand'è che inizieremo a dare quindi dignità alle debolezze, senza dividerci in fazioni, ma chiamandole, semplicemente, umanità? 

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