Fuga dal Pronto soccorso: la crisi di identità per i medici dell'emergenza

Turni massacranti e stipendi inadeguati si sommano a ripetute denunce e aggressioni fisiche. Potrebbero essere sintetizzate in queste poche righe le motivazioni che spingono i giovani medici neolaureati a non iscriversi ad alcune specialità che richiedono un supplemento di rischio rispetto alla pur già complessa professione di medico. È sufficiente come spiegazione? Solo in parte, perché la cosiddetta «crisi vocazionale» è smentita dai numeri: al test per accedere a Medicina a Brescia, 229 posti disponibili, si sono iscritti 1.262 neodiplomati. Certo, per molti è stato solo uno dei tentativi per accedere a corsi di laurea a numero chiuso, ma non per questo privo di attrazione e interesse verso la disciplina nel suo complesso.
Cosa accade, dunque, quando si tratta di scegliere la Scuola di specializzazione che definirà il profilo futuro di una persona che ha investito sei anni della sua vita in uno dei percorsi di studio più impegnativi tra quelli del nostro ordinamento universitario?
Accade che l’entusiasmo di un ventenne possa raffreddarsi negli anni di studio durante i quale si rende conto delle specificità di ogni reparto in cui, a rotazione, svolge il proprio tirocinio. In quelli in prima linea sa che dovrà ancora di più compensare la cronica carenza di specialisti, con una retribuzione tra le più basse d’Europa. La frustrazione aumenta se, poi, al suo fianco si trova colleghi assunti a gettone attraverso le cooperative che, in un turno di lavoro o poco più, percepiscono quanto lui in un mese. Scorretto, tuttavia, ritenere che si tratti solo di una questione economica.
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Allora pensiamo al medico in un’attuale pronto soccorso il cui ruolo è spesso ridotto a «semaforo» di smistamento di pazienti che vengono indirizzati in altri reparti o a casa. Persone con le quali raramente si costruisce un rapporto medico-paziente che si sviluppi nel tempo, pur dovendo per loro prendere decisioni vitali più volte in un giorno. Velocità, tensione, pretese. Un’illusione pensare che una riforma delle Scuole, da sola, possa far tornare sui loro passi i neolaureati.
Serve una riorganizzazione generale del nostro Sistema sanitario indebolito dal suo interno da un continuo definanziamento e da una frammentazione organizzativa che impedisce di avere la visione di insieme di un sistema complesso. Hanno ragione i medici dell’Emergenza-Urgenza quando sostengono che «curare la loro specialità significa curare l’intero sistema sanitario nazionale».
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