«Emozioni fortissime che mettono ancora l'ansia»

Giornate interminabili per gli operatori nelle strutture sanitarie, che «proseguivano» anche durante il sonno
A distanza di mesi l'emergenza sanitaria genera ancora ansia - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
A distanza di mesi l'emergenza sanitaria genera ancora ansia - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Prosegue la pubblicazione delle testimonianze di «Cuori in prima linea»l'iniziativa promossa da Giornale di Brescia e Intesa Sanpaolo: abbonamenti trimestrali gratuiti al GdB in versione Digital per il personale sanitario e la possibilità per gli operatori che hanno affrontato la pandemia in tutta la sua durezza - professionale e psicologica -, di raccontare le storie vissute durante la pandemia per farne un prezioso patrimonio di testimonianze da preservare.

Le storie possono essere inviate all'indirizzo email cuorinprimalinea@giornaledibrescia.it.

Non potrò mai dimenticare quel famoso 10 marzo. Mi chiama la mia direzione dicendomi: fra due giorni, vista la grave situazione, anche noi dobbiamo aprire un reparto Covid. Il primo pensiero che ho avuto è stato di smarrimento e paura: cosa dovevo fare? Come fare? Con l’aiuto dei miei colleghi in due giorni ho lasciato il mio reparto, che gestivo da ben 15 anni, e ho organizzato tutto: materiale, mascherine, guanti e camici. Ma quanto materiale mi serviva? Il materiale non c’era, ringrazio la nostra farmacista, l’ufficio acquisti e il magazzino per la disponibilità a cercare in tutti i modi i famosi Dpi.

In poco tempo abbiamo spostato 25 pazienti e pulito, sistemato ogni stanza per accoglierli al meglio. Gli infermieri e il personale Oss prontamente hanno accettato questa sfida non sapendo neanche come partire e come fare. Il primo giorno ho timbrato alle 6 e sono rimasta fino a mezzanotte e così per più e più giorni. In pochi giorni il reparto si era riempito, ricordo ancora l’arrivo dei primi pazienti con l’ambulanza accompagnati dagli operatori che indossavano le famose tute bianche. Il mio personale è stato meraviglioso, alcuni non si conoscevano nemmeno perché provenivano da realtà completamente diverse, ma bastava uno sguardo per comprendere al volo cosa fare. Ricordo con tristezza i primi pazienti morti, non sono stati pochi. Sono morti soli, smarriti con quegli occhi che cercavano aria, un viso amico, una mano da stringere per l’ultima volta.

Mi sembrava di vivere in una bolla, arrivavo a casa e non avevo neanche la forza di mangiare, me ne andavo a letto ma poi nel bel mezzo della notte la mia testa all’improvviso si svegliava con il pensiero sempre fisso all’ospedale. Anche adesso a distanza di parecchio tempo le emozioni che ho provato mi mettono ansia. Di quei due mesi però ricorderò sempre le persone meravigliose che ho avuto la fortuna di avere accanto. Posso solo concludere con un grazie a tutti gli operatori della Domus salutis per la professionalità e dedizione dimostrata.

Isabella Magoni - coordinatrice infermieristica Domus salutis

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