Elezioni, le crisi di Pd e Lega aprono la corsa alla successione

Le elezioni politiche del 25 settembre hanno consegnato il Paese al centrodestra e da subito i partiti fanno i conti interni con l'esito delle urne. Due in particolare sono le forze politiche che più di altre escono malridotte dal voto: il Pd e la Lega, quelle che maggiormente in questi anni si sono fronteggiate a livello nazionale (e anche europeo).
Letta a poche ore dalla chiusura dei seggi ha fatto sapere che traghetterà il partito al congresso a cui non si candiderà, Salvini a poche ore dalla chiusura dei seggi ha twittato la sua gioia per la vittoria del centrodestra e ha confermato la ricandidatura di Fontana per la Regione Lombardia e lanciato ufficialmente la corsa di Fabio Rolfi alla Loggia.
Atteggiamenti opposti di fronte ad una evidente sconfitta. Il Pd è sceso sotto la soglia del 20%, ma soprattutto sembra aver perso nel corso della campagna elettorale il proprio abbrivio, forse è stato un errore da parte dell'attuale segretario Letta provare a personalizzare la sfida. Uomo di penna e non di spada, più a suo agio in un think tank che di fronte ad una piazza gremita, Letta forse avrebbe dovuto applicare un'altra tattica comunicativa magari più olistica.
Certo questa è la fase dei leaderismi, dei claim e soprattutto il Pd si è trovato stretto tra gli attacchi di M5s, Terzo polo e centrodestra: era arduo uscirne indenni. Ora si apre la corsa alla segreteria: la provenienza geografica del prossimo segretario sarà forse decisiva. Dopo due romani (Veltroni e Zingaretti), due toscani (Renzi e Letta), un emiliano (Bersani) e un romagnolo (Franceschini) e qualche reggente (da Cofferati a Martina), ora il Pd dovrebbe tornare alla regione originaria. Come diceva un amico politologo: il segretario del Partito democratico non può che essere emiliano o romagnolo. La domanda è: Stefano Bonaccini sarà all'altezza?
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Per queste ragioni, nel momento in cui si aprirà la stagione congressuale, anche la leadership di Salvini sarà messa in discussione. Non succederà domani e nemmeno dopodomani, potrebbe accadere dopo le Regionali in Lombardia della prossima primavera, su cui si sta consumando uno scontro personale tra Fontana e Moratti ma che vanno visti anche come terminali politici delle differenti forze della coalizione del centrodestra. La fretta con cui Salvini, a spoglio ancora in corso lunedì mattina, si è affrettato a rinnovare la fiducia a Fontana è segno di grande debolezza. Fratelli d’Italia potrebbe avanzare a buon diritto la richiesta di un cambio di guida ai vertici lombardi. Sarebbe un colpo al cuore nel territorio leghista ma anche supportato dalla forza dei numeri, dal 27,6% ottenuto da FdI il 25 settembre nella nostra regione, un risultato storico per una forza politica che non aveva mai superato il 10%.
Piuttosto al momento il partito di Giorgia Meloni non ha un candidato per la Loggia e per questa ragione lascerà dopo un po’ di capricci la strada alla candidatura di Rolfi. Tornando alla successione di Salvini, la Lega ha finora avuto tre segretari tutti lombardi, potrebbe essere il momento di un esponente di un’altra regione del Nord, dal Piemonte al Friuli, comunque a ridosso dell’arco alpino.
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