Donne straniere vittime di violenza, aumenta il numero di chi denuncia

Nel volume «Migrareport» lo studio dell’università Cattolica con la testimonianza di alcune marocchine
Donne straniere - © www.giornaledibrescia.it
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Oltre i numeri, per guardare negli occhi le persone e saperne leggere ambizioni e delusioni. Questo il taglio che è stato dato quest’anno a «MigraREport 2023 Brescia, capitale delle culture» curato da Maddalena Colombo e Mariagrazia Santagati e pubblicato da Vita e Pensiero.

Il lavoro di ricerca è stato oggetto di approfondimento ieri all’Università Cattolica, occasione per parlare dei cittadini stranieri e del valore delle culture.

Ma, anche, per «svelare» le ragioni per cui, a fronte di un 51% di persone di origine straniera impiegate nel nostro settore turistico, quasi nessuna svolge attività a contatto con il pubblico. Il salto, fondamentale, di un’accoglienza a tutto tondo, evidentemente, non è ancora stato compiuto.

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Altro focus di cui è ricco il Report elaborato dal Cirmib, il Centro di iniziative e ricerche sulle migrazioni Brescia diretto dalla professoressa Colombo, riguarda la violenza domestica contro le donne. Indagata e approfondita in un capitolo scritto dal criminologo Stefano Padovano con il supporto, tra gli altri, di Naima Daoudagh, mediatrice culturale in ambito sociosanitario.

Maddalena Colombo, che ha presentato il lavoro alla stampa a fianco di Paolo Barbanti, sul tema ha voluto subito sgombrare il campo da facili e stucchevoli strumentalizzazioni, oggi più che mai fuori contesto alla luce di quanto sta accadendo anche nel nostro Paese in tema di violenza di genere. «Per quel che riguarda le migranti, il lato religioso è solo un pretesto. Quel che secondo noi è importante è che molte donne, nel caso specifico di origine marocchina, abbiano il coraggio di denunciare rivolgendosi ai Centri anti violenza di cui è ricco il nostro territorio».

Perché accade

Si legge nel rapporto: «Se la violenza di genere rappresenta un fenomeno sociale e poliedrico e in costante evoluzione, eterogeneo nelle condotte e, quindi, difficile da inquadrare all’interno di una cornice univoca di significato, nel caso delle donne straniere ciò assume rilievi ancora più marcati. Come testimonia una mediatrice culturale di origini maghrebine, il quadro delle donne che si avvicinano agli organi di presa in carico delle persone vittimizzate risulta variegato e in crescita. Inoltre, contiene l’ambiguità propria delle giustificazioni culturali o religiose».

La ricerca sul campo si è avvalsa dei racconti, raccolti lo scorso giugno, di alcune donne marocchine che hanno denunciato. Una di loro afferma: «Io mi sono salvata perché al consultorio mi hanno dato una mano, prima lì e poi al centro antiviolenze».

Racconto

Riportiamo una testimonianza completa, che riteniamo emblematica, contenuta nel Report: «Con la vergogna non ho dovuto fare troppo i conti perché dopo qualche mese sono andata a denunciare, però ho visto qualche altra donna marocchina, due per la precisione, che erano andate al centro antiviolenza e per quanto avessero subito di tutto dai loro mariti sentivano di vergognarsi anche per quello che potevano pensare al loro paese. Questo perché in Marocco non è semplice passare per una che dice di essere stata picchiata dal marito.

Da tempo la figura degli uomini è sempre più...come dite voi...narcisistica...tanto narcisistica, quindi non c’è molta possibilità di trovare la solidarietà di altre donne. Pensa poi che il ruolo delle donne, più quelle anziane, è sempre maggiore. Questa figura dell’uomo che da tanti anni sta in Europa, in Italia, è frenata soltanto dalle donne più anziane. Le madri hanno molta voce in capitolo nella scelta della donna che fa l’uomo. Se la vecchia madre dice no, è no».

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