Dalla bonifica Caffaro al nuovo Museo di Scienze: le opere ancora senza cantiere

Alcune si trascinano stancamente di anno in anno, di Amministrazione in Amministrazione, di bilancio in bilancio, tanto da essere percepite come i «tormentoni del capoluogo» o, peggio, come «maglie nere» da continuare a sfoggiare per ulteriori dodici mesi. Altre, invece, sono state immaginate poco prima e - in attesa di completare il dossier burocratico d’ordinanza - sperano di iniziare presto a mostrarsi alla città. Tutte, le prime e le seconde, sono le «opere sospese» di Brescia, progetti rimasti impigliati in grattacapi economici e procedurali oppure fermi su carta in attesa di compiere la loro metaforfosi in cantieri.
Dalla bonifica dei terreni avvelenati dalla produzione della storica Caffaro Srl al nuovo Museo di Scienze: la lista delle grandi trasformazioni che ripongono le proprie speranze nel 2023 appena iniziato è abbastanza ricca.
La bonifica del Sin Caffaro

Il primo posto di questo elenco è riservato (ancora) a «lui»: il Sito di interesse nazionale Brescia-Caffaro e le aree da bonificare. Non solo i 110mila metri quadrati del polo industriale perimetrato dalle vie Milano, Nullo e Morosini ma anche tutte le aree esterne, a partire dai campi agricoli e dai terreni privati.
Un’impresa, quella del risanamento ambientale legato agli inquinanti sprigionati dalla fabbrica, che ha ormai superato i vent’anni lasciando in eredità al 2023 questioni fondamentali. Se la bonifica di tutti i parchi pubblici sta proseguendo a passo spedito (i lavori nelle ultime tre aree verdi, quella in via Livorno e le due incastonate in via Fura, inizieranno proprio a gennaio grazie a 7,5 milioni), il bando europeo per la messa in sicurezza dell’epicentro del Sin è invece tutto da rifare.Si riparte con una nota d’ottimismo: grazie all’emendamento bipartisan salva-Caffaro, i 20 milioni mancanti sono stati appostati da Roma. Ma, parallelamente, c’è ancora un gran lavoro da realizzare: in primis è rimasto chiuso in un cassetto il dibattito sulla riperimetrazione del Sin, dal quale oggi è esclusa buona parte dei terreni infestati da Pcb, diossine e metalli pesanti. E, poi, nulla si è più saputo del destino delle aree agricole: Ersaf, ormai anni fa, aveva approntato uno studio - business plan incluso - sui diversi scenari possibili (tra cui anche la ripiantumazione), ma nessuna decisione è mai stata assunta.
Infine, resta il nodo dei privati danneggiati dal disastro. Non solo cantieri, dunque: nei prossimi dodici mesi il capitolo Sin attende (ancora) scelte determinanti per la città, incluso un chiaro progetto del «dopo Caffaro».
Il Museo di Scienze

L’altra grande sfida del 2023 si chiama Museo di Scienze, un’opera di cui si è iniziato a parlare durante il primo mandato di Emilio Del Bono sindaco (2013-2018) con l’assessore Gianluigi Fondra. Lo stato dell’arte è uno studio di fattibilità con varie alternative sul tavolo: a seconda dell’opzione prediletta, i costi potranno variare da 32 a 44 milioni di euro.
Il polo futuro sorgerà dalle ceneri di quello attuale, in via Ozanam: collegando i parchi Marconi e Lussignoli, dove sarà presente anche un orto botanico, il nuovo edificio dovrebbe riservare 900 mq alle esposizioni permanenti, sale per esposizioni temporanee (650 mq), una biblioteca di 350 mq, laboratori didattici (100 mq), un auditorium per conferenze con almeno 200 posti (350 mq), uffici e laboratori (180 mq). Il disegno colloca inoltre al piano terra bookshop, bar aperto verso il parco e spazi dedicati alle associazioni.
Le caserme

Tra le grandi trasformazioni annunciate, ci sono anche progetti in grado di cambiare volto a spicchi importanti della città. La ex Caserma Papa sembra essere pronta a riaprire le porte come «cittadella dei servizi»: lì troveranno sede Motorizzazione, Agenzia delle Dogane e Guardia di Finanza, mentre la ex caserma Randaccio dovrebbe diventare la casa dell’Agenzia delle Entrate.
I tre cantieri immobili: Musil, carcere e stadio

Se per le altre opere si parla di pianificazione, di imprevisti lungo il percorso o di ritardi, ce ne sono tre costantemente «fuori concorso». Musil, carcere e stadio rappresentano da sempre insieme le grandi incognite e i grandi rebus di ogni Amministrazione comunale, questioni aperte che alimentano ciclicamente il dibattito cittadino, coinvolgendo spesso anche l’azione dei parlamentari bresciani.
Lo stato di salute dello stadio Rigamonti è da anni sotto i riflettori e da altrettanto tempo il canovaccio si ripete: interventi tampone, manutenzione d’emergenza, rattoppi ma nessuna pianificazione o ristrutturazione radicale. È vero, i fondi necessari per uno stadio nuovo sono tanti, ma è altrettanto vero che un bilancio (calcolatrice alla mano) sul conto delle manutenzioni costanti a fronte di un problema che si trascina nel tempo, senza risolversi, dovrà essere fatto prima o poi.
Altro grande problema da affrontare resta quello del carcere, dove il sovraffollamento è diventata ormai «un’emergenza normalizzata». Infine, l’intramontabile progetto Museo dell’Industria e del lavoro: da quando venne siglato l’accordo di programma sembra sempre a un passo dai cantieri. Correva l’anno 2005.
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