Da Verziano le «Lettere dal carcere» sono scritte anche in Braille

Detenuti e detenute del carcere bresciano hanno scritto un libro per persone non vedenti. Una copia sarà alla biblioteca di Sarezzo
"Lettere dal carcere" di Verziano
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La parola inclusione ha oggi anche una forma tangibile. Anzi tattile. È quella di un libro scritto in braille e con disegni in rilievo creati con materiali che anche le persone non vedenti riescono a capire sfiorandoli con le dita. Non solo. A realizzare questo volume sono stati i detenuti e le detenute del carcere di Verziano che, in forma volontaria, hanno partecipato al laboratorio «Arte terapia» promosso dalle associazioni «Bambini in Braille» e «Carcere e territorio».

Un tomo che ha anche partecipato alla settima edizione del concorso nazionale «Tocca a te» e che ha ottenuto la menzione speciale «Libro del cuore». Una copia è conservata alla biblioteca di Bologna, un’altra andrà ad arricchire la biblioteca di Sarezzo (che ne ha fatto richiesta) e altre saranno composte.

Il progetto

Si intitola «Lettere dal carcere», nulla a che vedere con il testo gramsciano, se non il luogo di reclusione in cui è stato elaborato. «Lo hanno creato uomini e donne che hanno partecipato in forma mista al progetto - ha illustrato la direttrice, Francesca Paola Lucrezi -, peculiarità esclusiva di questo istituto a livello nazionale. Una ventina di detenuti e detenute ha scritto alcuni testi in braille indirizzandoli a persone con disabilità visive ma non solo. È stata un’occasione per loro, in una condizione particolare di fragilità, di avvicinarsi ad altri tipi di fragilità e difficoltà non volute». Accanto ai testi, in alcune pagine, sono stati inseriti anche alcuni disegni in rilievo, da un hamburger con tanto di stoffa «a semini» che dà l’idea del panino, al viso di Totò, da una bandiera cubana a una farfalla, immagini da toccare realizzate in relazione al contenuto delle lettere.

Bambini in Braille

«È importante fare rete con altre associazioni quando si ha a che fare con l’inclusione sociale - ha spiegato Piera Sciacca, presidente di «Bambini in Braille» -. La scrittura con questo codice viene intesa come mezzo di divulgazione culturale». «Con questo laboratorio realizzato insieme all'associazione Carcere e territorio abbiamo spostato il focus. Lo scambio epistolare con giovani che avevano particolari difficoltà si è trasformato in uno scambio di fragilità - ha aggiunto Daniela Fiordalisi, Disability manager -; l’attenzione dei detenuti non si è rivolta ai propri problemi ma a qualcosa di utile agli altri. Sono scambi che creano ricchezza per la comunità».

In questo caso i giovani di «Bambini in Braille» sono quelli entrati nel progetto «Sid Solidarietà e inclusione come dono». Per Carcere e territorio, Alessandra Spreafico ha sottolineato come i detenuti abbiano «imparato da zero a scrivere in braille. Sono stati molto propositivi ed entusiasti, hanno scritto moltissimo», impegnandosi dalle due alle tre ore ogni settimana, dallo scorso mese di giugno. L’auspicio dei due sodalizi è che la collaborazione con il carcere possa continuare con altri progetti.  

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