Da Brescia il Pd tenta il recupero, Letta: «Due settimane decisive»

Il segretario del Pd arriva in bus elettrico, cita Prodi e Martinazzoli ed elogia l’operato di Del Bono
  • La prima tappa dell'ecotour di Enrico Letta da Brescia
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Il Pd prova a non darsi per vinto. Enrico Letta lancia da Brescia l’ecotour, un tour in bus elettrico per recuperare consensi e provare a contendere al centrodestra i 60 collegi uninominali che secondo i dem potrebbe essere conquistati il 25 settembre. «Sono due settimane decisive», incita Letta ai sostenitori dal palco montato in piazza del Mercato dove sono rigorosamente schierati anche i candidati bresciani e non.

La portata

Ma la tappa bresciana è ricca di significati per il segretario del Pd. Il bus elettrico con cui parte l’«operazione riconquista» evoca a quasi vent’anni di distanza il tour che fece Romano Prodi. E ancora Letta parla del legame con la nostra città e con Mino Martinazzoli, «a cui mi ha sempre legato un affetto e un’amicizia particolare». E infine, il dato più politico: Brescia in questi anni è stata governata dal centrosinistra, ne è stata una roccaforte. Del Bono nel 2018 ha ottenuto un’affermazione ampia, in controtendenza con quelle del Pd nelle altre città, e i media nazionali parlarono di caso Brescia.

Lo stesso Del Bono accogliendo Letta ribadisce che il Pd è l’unico partito vicino ai Comuni e contemporaneamente l’unica forza genuinamente europeista che può gestire con sapienza e autorevolezza i fondi del Next Generation Eu. Il segretario nazionale ringrazia e rilancia immediatamente oltre le Politiche e parla già di Regionali ben sapendo che sul palco proprio Del Bono è uno dei diretti interessati alla consultazione della prossima primavera. «Governiamo a Milano, Cremona, Brescia, Bergamo, Monza. È ora di prendersi la Regione».

Verso il voto

Poi ci si deve occupare della campagna elettorale. Letta non parla a lungo: una quarantina di minuti per spiegare le priorità del Partito democratico. Certo le nuove regole per il lavoro per garantire un accesso più facile ai giovani. «I ragazzi e le ragazze italiane escono di casa mediamente a 30 anni, i francesi e i tedeschi lo fanno a 24 anni. Dobbiamo pensare all’Italia del futuro e far sì che l’età media si avvicini a quella europea». Si parla di diritti e di ius scholae, una delle tante norme che la caduta del governo Draghi ha definitivamente affossato e che evidentemente in caso di vittoria del centrodestra difficilmente vedrà la luce nella prossima Legislatura.

Si parla anche di ambiente, ma soprattutto per ricordare che «la destra non ne parla mai». Letta lascia intendere che il tema della sostenibilità è in contrapposizione con il sovranismo. Ma il programma (si accenna alla sanità e al piano dem per maggiori investimenti in medici di famiglia) passa via. Certo si fa riferimento ad un’Italia dei diritti, europeista e riformista.

Motivatore

Chi è in piazza del Mercato, all’ombra del Rettorato, ad ascoltare lo sa benissimo cosa vuole il Pd, ma piuttosto vuole un incoraggiamento nel momento in cui i sondaggi danno la coalizione di centrosinistra staccata in maniera abissale dal centrodestra. E Letta pur non essendo un aizzatore di folle ce la mette tutta. «Sono fiero di guidare una forza politica che ha nel nome il termine Partito. Ma soprattutto il Pd è l’unico che nel simbolo non ha il nome del leader, questo indica che siamo un partito inteso come comunità politica».

Il ragionamento scalda il pubblico e vuole dare una spinta anche ai candidati sul palco. In piazza c’è una foltissima pattuglia, tra loro anche il segretario regionale Vinicio Peluffo, la capogruppo al Senato Simona Malpezzi capolista al Senato davanti al deputato uscente Alfredo Bazoli, ma c’è anche il capodelegazione del Pd al Parlamento europeo Brando Benifei, non candidato, ma legato all’area sinistra dei dem bresciani. Per il resto ci sono tutti i bresciani: Girelli, Cominelli, Zanardi, Ringhini, Vitale, Tedaldi, Mottinelli, Rossini. Unica assente (non invitata) la Albini di Si-Verdi candidata all’uninominale di Desenzano per la Camera.

Costituzione

Letta parla degli ex alleati, strutturali e potenziali, ovvero Conte e Calenda: «Abbiamo provato a costruire un’alleanza, ma loro sperano di sostituirsi al Pd. Sono destinati a perdere». E poi inevitabilmente si parla della Meloni e del suo progetto di presidenzialismo: «È un altro modo per invocare i pieni poteri. Il Pd vigilerà sulla Costituzione che è fondata sull’antifascismo e sulla Resistenza. Il governo Draghi ha dimostrato che si può governare benissimo anche con l’attuale modello di governo, non servono più poteri e una teoria che fa acqua».

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