Da Boryspil a San Polo: «La nostra nuova vita ricomincia da qui»

Fuga tra le bombe e in salvo a Brescia dopo le preghiere. Li ospita Mario, 81 anni: «Per me è come aver trovato una famiglia»
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L'ACCOGLIENZA PASSA DA S.POLO
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La casa di San Polo è grande, arredata in stile vittoriano, molto diversa dall'appartamento di Boryspil - 40 chilometri da Kyiv - dove Elena, Vladimir e Valeria hanno vissuto fino al 24 febbraio. «Quella mattina avevamo messo la sveglia alle 5 - racconta Elena -, perché Vladimir doveva andare al lavoro presto. Mi sono alzata e ho sentito una serie di esplosioni ripetute. Ma fuori dalla finestra non si vedeva nulla. Anche i vicini si erano svegliati, dicevano però che erano solo esercitazioni, che dovevamo stare tranquilli».

La casa fuori Kiev

Intorno ai palazzoni alti decine di piani, scrostati all'esterno, ma con dentro case moderne e accoglienti, il buio e il silenzio, intervallato dagli spari. Elena, Vladimir e la figlia Valeria, 5 anni, vivono qui da pochi mesi, si sono trasferiti dalla campagna per dare alla bimba un futuro più ricco di possibilità. Vladimir fa l'elettricista, Elena, che ha studiato agraria, cerca lavoro e intanto si occupa della piccola. Nel loro appartamento ci sono il parquet, una grande casa delle bambole in cui Valeria ha posizionato pony e unicorni, la bottiglia di coca cola da un litro e mezzo, vuota e con il rosso ormai sbiadito, vicino alla finestra come contenitore dell'acqua e dello spruzzino per le piante.

 «Quando ha iniziato a fare più chiaro - ricorda Elena -, ho guardato di nuovo fuori dalla finestra e ho visto la gente scappare con le valigie». Nel dirlo, la voce si sbriciola in un pianto nervoso, ma poi torna a raccontare: «Mentre Vladimir preparava la macchina, ho svegliato Valeria e le ho detto di lavarsi subito i denti, che saremmo partiti per un viaggio lungo. Ho preso due borse, infilandoci a caso tutto quello che potevo: vestiti, cibo, documenti, soldi…». Ma uscire dall'area metropolitana di Kyiv per andare a Leopoli, verso ovest, è stato più complicato del previsto: «Di solito, da casa nostra, la capitale si raggiunge in una mezz'ora - spiega Vladimir - quel giorno siamo partiti alle 7 di mattina e siamo riusciti a oltrepassare i confini della città alle 3 del pomeriggio. Per arrivare alla dogana ci sono voluti altri due giorni».

«Per fortuna - aggiunge Elena - quando siamo passati nei luoghi già bombardati Valeria dormiva, a lei non abbiamo detto niente. Pensavamo di restare a ovest del Paese per qualche giorno e poi tornare a casa, ma nel momento in cui abbiamo sentito i missili sopra le nostre teste abbiamo capito che dovevamo lasciare l'Ucraina». Dovere senza potere:  «Per me e Valeria non c'erano problemi alla frontiera, ma per Vladimir sì, perché gli uomini tra i 18 e i 60 anni non possono abbandonare il Paese. Mio marito ha l'esenzione dall'esercito, solo che non trovavamo il documento che lo attestava».

Quindi il breve soggiorno da un'altra famiglia a Leopoli: «Eravamo disperati e i nostri amici ci hanno portato in chiesa, dove abbiamo pregato insieme. Il giorno dopo il documento è saltato fuori, era nel fondo della borsa di Elena», racconta la coppia. Ad aspettare la bimba e i suoi genitori, in Italia, c'è zia Sviitlana, sorella di Elena, che vive a Brescia da diversi anni. E insieme a lei Mario, 81 anni, residente a San Polo.

Mario

«Sviitlana ha sempre dimostrato buon cuore e io le avevo detto che ci sarei stato quando avesse avuto bisogno. Poi è arrivato il momento di esserci - dice Mario -. Sono abituato alle difficoltà, non mi fanno paura». La casa grande con i mobili antichi è sua: qui, da una settimana, vivono in quattro: lui, Elena, Vladimir e Valeria. «Sono sempre stato solo e ora sento di avere una nuova famiglia. Cuciniamo tutti insieme e Elena è anche più brava di me a fare i ravioli al pomodoro. Ieri ho portato Vladimir al Brico, abbiamo preso il materiale necessario e poi mi ha montato dei nuovi neon in casa. Valeria è la nipotina che non ho mai avuto: quando sono in giardino a lavorare la carico sulla carriola e lei ride come una pazza».

In questi metri quadri di affetto c'è però tanta preoccupazione: «Ormai non pensiamo più al futuro - dice Elena -, solo al presente». E nel presente il pensiero primario di Vladimir è trovare un lavoro per mantenere la sua famiglia:  «Faccio l'elettricista e ho lavorato sia in appartamenti sia in grandi impianti, il problema è la lingua, ma se mi danno un disegno e mi spiegano cosa vogliono, io lo faccio», spiega mentre osserva, sul giornale, parole che ancora non comprende accanto a immagini che capisce meglio di chiunque altro.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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