Crollo demografico, Brescia rischia di estinguersi tra 324 anni

Qualche amministratore è rimasto tra l’esterrefatto e l’interdetto: «Macchè desertificazione, figuriamoci!». Quasi a voler sfoderare uno spauracchio per scacciare il (paese) fantasma. Ma i parroci - che più di tutti detengono il polso della situazione delle comunità territoriali - hanno bene in testa numeri e proporzioni su due fronti chiave: funerali e battesimi. Vincono, nettamente, i primi. È una grande slavina alla quale l’emergenza Covid ha messo il turbo quella che racconta del crollo demografico del nostro Paese, una sottrazione costante che rischia di creare «città invisibili» e di causare lo spopolamento di interi borghi bresciani. E per alcuni territori - se non si mette alla svelta in campo un carnet di contromisure strutturali - le lancette dell’estinzione corrono più velocemente di quanto ci si possa immaginare. Per capirlo basta il primo macro dato, ossia quello sul capoluogo: Brescia rischia di scomparire nell’arco di poco più di tre secoli, 324 anni per l’esattezza.
Lo studio
A fornire la suggestione per primo è stato l’articolo di approfondimento pubblicato da The Lancet (una tra le più autorevoli riviste di medicina a livello internazionale), uno studio che rovescia completamente l’idea del nostro futuro. In sostanza, mettendo in relazione i diversi parametri - con tanto di algoritmi e proiezioni che prendono in esame tutti i dati Istat, incluso il tasso di natalità - si certifica che la più grande crisi che ci si troverà a dover affrontare (oltre alla scarsità delle risorse, legata ai cambiamenti climatici) sarà la mancanza delle giovani leve. Perché senza bambini, il progresso - demografico, sociale, tecnologico - si interrompe.
Il calcolo su Brescia
Quale lo scenario bresciano? Utilizzando gli stessi parametri - ma prendendo in esame il periodo che va dal 2016 al 2019, così da non inficiare la proiezione con l’alto tasso di mortalità causato dal Covid - lo scenario non è affatto rassicurante. Almeno una trentina di comuni bresciani rischiano di diventare nel giro di pochi decenni dei paesi fantasma. Il conto degli anni che rimangono prima che in strada o in piazza non ci sia più nessuno è più severo con i piccolissimi borghi incastrati nelle valli. A partire da Magasa, il Comune più vecchio della Lombardia (con un’età media di quasi 63 anni), che rischia di sparire entro vent’anni (tra il 2041 e il 2045), così come Irma e Valvestino. Non va molto meglio a Paisco Loveno (che registra una variazione annua pari a -1,84), Incudine (-1.79), Capovalle (-1,75), Lozio (-0,93), Anfo (-2,07), Lavenone (-2,07 anche se la fascia dai 25 ai 54 anni è ben rappresentata), Monno (-1,56), Treviso Bresciano (-0,94), Cimbergo (-0,74), Pertica Alta (-1,49), Longhena (-0,82): per loro la previsione parla di un’estinzione in arrivo nell’arco di circa trentacinque anni (tra il 2056 e il 2062). A non passarsela molto bene sembrano essere anche Cevo, Saviore, Pertica Bassa, Paspardo e Losine: per loro l’orizzonte è tra i 45 e i 50 anni.
Sospiro di sollievo per tutti gli altri quindi? Non proprio. Rientrano semmai nella categoria dei territori «in condizione di prevedibile malessere demografico». La loro aspettativa di vita non è di cinquant’anni, ma per Pompiano e Gambara si arriva al secolo. Un capitolo a parte lo merita la città, che negli ultimi anni aveva visto aumentare la popolazione tanto da sfondare il muro dei 200mila abitanti. Il fattore chiave di questo aumento è stato un forte esodo proprio dalla provincia, ma resta basso il tasso di natalità: tanto che la variazione annua non è sconvolgente, si attesta sullo 0,31 (se invece si arriva al 2020 si passa a -3,1). La sua linea del tempo, ad oggi, arriva al 2345, ma il capoluogo ha la forza dei servizi dalla sua, opportunità che già oggi molti sfruttano come city user, pur essendo quindi residenti in altri Comuni.
Un chiarimento
Sia chiaro: tutto questo è frutto di proiezioni. Sono cioè dati basati su algoritmi che registrano l’andamento attuale: servono per riflettere e, soprattutto, per riflettere in tempo. Significa che può cambiare ciò che accadrà? Non trattandosi di una previsione certa, sì. Ma la condizione è sempre la stessa: devono essere messi in atto fatti, azioni, interventi, comportamenti, politiche sia in ambito locale sia in ambito regionale e nazionale per riuscire a invertire questa tendenza. A partire dalla salvaguardia dei servizi (perché senza asilo, senza posta, senza mezzi per spostarsi una giovane coppia difficilmente sceglierà di comprare casa in quel paese), fino ad arrivare a nuovi investimenti. Infrastrutturali, economici e tecnologici ma anche culturali.
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