Covid, tremila bresciani contagiati due volte

Chi si era infettato con il virus originario o con la Delta, si reinfetta con la variante Omicron
Persone in attesa del tampone -  © www.giornaledibrescia.it
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Due volte. Per quasi due bresciani su cento la malattia causata dall’infezione da virus SarsCov2 ha bussato alle porte due volte. Reinfezioni che, iniziate quasi in sordina lo scorso agosto, sono letteralmente esplose dall’inizio di gennaio. Dai dati forniti dall’Agenzia di tutela della Salute di Brescia emerge che le reinfezioni in agosto sono state diciotto, 31 in settembre, 26 in ottobre, 73 in novembre. In dicembre, con il diffondersi della variante Omicron, si è registrato un incremento più significativo, con 802 persone di nuovo contagiate. Infine, dal primo al 12 gennaio sono stati 2.380 coloro che sono stati infettati dal virus per la seconda volta. Nell’insieme, dunque, meno del 2% su un totale di 190mila bresciani che hanno avuto la Covid-19.

Chi si reinfetta

«Gli studi recenti - scrive Ats - dicono che chi si era infettato con il virus originario (quello di Wuhan, per intenderci, ndr) o con la variante Delta, si reinfetta con la Omicron. Anche l’analisi del tasso di reinfezione (numero di infezioni sul totale dei casi positivi), pari a circa il 4,05% delle ultime segnalazioni, è compatibile con Omicron». Prima del diffondersi di quest’ultima, infatti, la percentuale di coloro che si ammalava la seconda volta era pari allo 0,3%. Una eventuale seconda infezione di Covid-19 è quasi sempre più lieve della prima e solo in rarissimi casi la malattia ha una forma grave, secondo una ricerca condotta in Qatar e pubblicata sul New England Journal of Medicine.

Lo studio, condotto da ricercatori del Weill Cornell Medicine di Doha in collaborazione con l’italiano Roberto Bertollini, consulente del locale ministero della Salute, si è basato sui dati raccolti dal capillare sistema di sorveglianza qatariota che, dall’inizio della pandemia, ha registrato tutti i casi di Covid-19.

Anche i vaccinati

Ed anche i vaccinati possono riammalarsi. Sin dal momento della somminstrazione era noto, infatti, che il vaccino anti Covid-19 non scongiura l’infezione al 100%. Una percentuale - questo è un dato frutto dell’esperienza - che scende in modo significativo con il trascorrere dei mesi. Con la Omicron, la situazione epidemiologica si è ulteriormente complicata e, secondo i numerosi studi sulla terza dose «la miglior strategia per contrastare questa variante è effettuare il richiamo. Grazie ad esso la protezione dall’infezione e dallo sviluppo di forme gravi di Covid-19 ritorna a livelli molto elevati».

L’efficacia

Secondo l’ultimo report dell’Istituto superiore di Sanità, infatti, basato sui dati relativi alla variante Delta, l’efficacia del vaccino nel prevenire Covid-19, sia nella forma sintomatica sia asintomatica, scende dal 74% al 39% nell’arco dei cinque mesi. Quanto invece alla malattia grave, rimane elevata l’efficacia vaccinale nei vaccinati con ciclo completo da meno di cinque mesi (93%) rispetto ai non vaccinati, mentre risulta pari all’84% nei vaccinati con ciclo completo da oltre cinque mesi. Se si effettua la dose di richiamo l’efficacia nel prevenire la diagnosi e i casi di malattia severa sale rispettivamente al 77% e al 93%. Dati che non tengono conto del nuovo scenario a cui stiamo assistendo, ovvero la diffusione della variante Omicron. Ad oggi sono molto poche le certezze su questa nuova variante. Tra queste, il fatto che sia molto più contagiosa delle precedenti e l’aumento dei contagi, e delle reinfezioni, confermano questa certezza.

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