Covid, «dolori e incertezza: Luca a 13 anni ha perso il sorriso»

Luca è uscito di casa, per la prima volta dopo mesi, qualche giorno fa. Una breve passeggiata per rimettersi in moto, respirare un po’ all’aria aperta e tentare di scrollarsi di dosso quel senso di spossatezza che non lo ha più abbandonato da quando ha contratto il Covid, lo scorso 20 febbraio. A dirla tutta, negli ultimi due mesi Luca ha lasciato diverse volte e per qualche ora al giorno la sua camera da letto, ma solo per recarsi in ospedale e sottoporsi ad uno dei tanti accertamenti prescrittigli da Antonella Meini, dirigente medico dell’Ospedale dei Bambini del Civile di Brescia.
Luca ha 13 anni e se il periodo di infezione al Sars-Cov 2, trentuno giorni positivo al tampone, lo ha sopportato abbastanza bene, seppur con febbre e difficoltà respiratoria, i problemi sono cominciati subito dopo. «All’inizio era solo un senso di stanchezza - racconta Marta, la mamma -. Dormiva tutto il giorno e tuttora passa molte ore a riposo. Poi dopo circa una settimana dal tampone negativo, ho iniziato a notare le prima macchie rosse su tutta la pelle, poi gambe molto gonfie ed ematose, viola. Il bruciore di notte era insopportabile e cercavamo di attenuarlo con impacchi di ghiaccio». Marta si è quindi rivolta prima alla pediatra e poi, su consiglio di quest’ultima, all’Ospedale dei Bambini, dove dagli accertamenti è arrivato il responso inatteso: vasculite diffusa, flebite ad entrambe le gambe e una leggera insufficienza respiratoria.
Il Covid ha lasciato pesanti strascichi su Luca, nonostante la sua giovane età, quella di chi, ci siamo sentiti ripetere in questo anno e mezzo, supera facilmente questa malattia. Un assunto vero per la stragrande maggioranza dei minori, ma non per tutti. Il Covid ha segnato Luca con un’infiammazione dei vasi sanguigni, problemi alla circolazione del sangue e quel senso di mancanza d’aria che ti mozza il fiato ad ogni passo. «La dottoressa Meini ci ha dato tantissimi esami da fare - prosegue la mamma del 13enne -: ecodoppler, micro-capillaroscopia, analisi specifiche, iter di controlli per decifrare la cura esatta. Da settimane, ogni tre, quattro giorni siamo in ospedale per esami. Anche per i medici - aggiunge Marta - è qualcosa di sconosciuto che si trovano ad affrontare per la prima volta».L’unica cura possibile per Luca, al momento sembra essere una terapia antinfiammatoria a base di cortisone, «anche se - spiega Marta - devono capire se in un bimbo in pieno sviluppo sia la strada giusta». Gli ultimi tre mesi, insomma, per il piccolo Luca sono stati un inferno, dal quale lentamente uscirà, ma che si porterà dietro per sempre. Prima il mese di isolamento totale, chiuso nella sua stanza senza contatti con i genitori e i nonni, poi la riabilitazione da un’influenza che, quando sembrava superata, ha rivelato la sua parte peggiore. «Ne stiamo uscendo - conclude Marta -, ma ha l’umore a terra. Spero di vederlo presto sorridere, andando oltre quel senso di tristezza che si porta dentro».
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