Costa Concordia, è stata UniBs a far parlare la scatola nera

I ricercatori di Ingegneria hanno studiato e analizzato le manovre della nave affondata al largo dell'isola del Giglio
La videoricostruzione del naufragio della Costa Concordia
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Nel 2012, nelle acque gelide al largo dell’isola del Giglio, tra i reperti sommersi c’erano anche quelli informatici. È proprio su quelli che si è concentrato il lavoro dei ricercatori della facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Brescia, coordinati dal prof. Paolo Gubian, che hanno scandagliato i dati della scatola nera della Costa Concordia. Consulenti di parte civile al processo, interpellati da alcuni naufraghi, gli informatici bresciani hanno ricostruito secondo per secondo tutto quello che è successo sulla nave da crociera capitanata da Francesco Schettino.

Vale a dire, sono riusciti a penetrare quella capsula super resistente in cui vengono archiviate tutte le informazioni relative alla navigazione, elaborate dai computer di bordo. Si tratta di velocità, direzione, orientamento del timone, stato delle camere stagne, dati del radar, presenza o meno dell’alimentazione e la registrazione audio di tutti i dialoghi che avvengono in cabina di comando.

Lo studio

Sono proprio questi scambi di battute a far venire la pelle d’oca, anche a distanza di dieci anni. Nei 24 minuti del video, prodotto finale della ricostruzione e pubblicato sul canale YouTube del ricercatore Mario Piccinelli (ha oltre 100mila visualizzazioni), si sentono le voci dal ponte di comando, dove dopo l’impatto inizia a insinuarsi il panico. Emblematica la conversazione tra Schettino e il direttore macchine Giuseppe Pillon, il quale comunica che tutti i generatori sono persi e il quadro elettrico allagato. Sono le 21.52 e il comandante chiede: «E allora? Cioè stamm’ jenn a funn’ (stiamo andando a fondo ndr) praticamente, non ho capito?» e l’ufficiale risponde: «Eh... eh... sì». Il lavoro di «digital forensics» (recupero e analisi dei dati) messo a punto dai bresciani è stato usato durante il processo, anche perché ha permesso di incrociare orari, registrazioni e manovre della nave.

Oltre a evidenziare quel tempo prezioso e irrimediabilmente perso tra la collisione con gli scogli e l’allarme di abbandono nave, che è arrivato un’ora dopo. Nei primi momenti, come testimoniano anche i naufraghi di Brescia, il personale di bordo era stato addestrato a dire che era in corso un blackout. La stessa versione che all’inizio era stata data alla Capitaneria di porto di Livorno, rifiutando la loro proposta d’intervento.

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