«Così s’interviene per far rivivere i boschi bruciati»

Graziano Lazzaroni, dottore agronomo e direttore del Parco delle Colline di Brescia spiega le tecniche di ripristino
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BOSCHI A RISCHIO PER SICCITA'
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Il passaggio di un incendio boschivo produce inevitabile amarezza. Scuro come il terreno incenerito è l’umore di chi osserva il lascito delle fiamme, desolante nella profonda mutazione arrecata al paesaggio nella sua visione complessiva e in quella puntuale, che fa segnare la scomparsa di tratti di sentieri, scorci e riferimenti abituali. La perdita del valore estetico non è tuttavia il solo esito nefasto dell’accadimento del fuoco nei contesti forestali, che rivestono, direttamente o indirettamente, numerose altre funzioni utili per l’uomo e per l’ambiente, e che si cerca di mantenere e di riavviare con interventi di carattere amministrativo e operativo.

Ne parliamo con Graziano Lazzaroni, dottore agronomo e direttore del Parco delle Colline di Brescia. «La prima attività da mettere in atto è di carattere amministrativo - spiega Lazzaroni - poiché la perimetrazione delle aree percorse dal fuoco e l’inserimento in un apposito catasto consente di attivare vincoli sul loro futuro utilizzo».

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I tecnici come individuano le fasi di intervento a fiamme spente? «La valutazione sulle modalità di recupero dei terreni deve essere adottata innanzitutto sulla funzione primaria di bosco che si vuole privilegiare, che può essere protettiva, produttiva, naturalistica, turistica o estetica. Tale scelta deve tuttavia confrontarsi anche alla tipologia di incendio che si è verificata, e che può incidere in maniera diversa sull’evoluzione successiva. Gli incendi di chioma ad esempio producono effetti distruttivi, mentre quelli radenti colpiscono in prevalenza gli strati erbacei e arbustivi bassi».

Con quali modalità si interviene nelle fasi successive allo spegnimento? «In un bosco vivo la vegetazione dissipa l’energia cinetica in arrivo con le piogge battenti, ma con le piante morte la funzione delle radici viene meno. Gli alberi bruciati rimasti in piedi e irrimediabilmente compromessi vengono abbattuti, e si procede con lo spostamento dei tronchi al suolo. Si tratta di interventi che devono essere realizzati non oltre l’inizio della seconda stagione vegetativa dopo l’incendio. Così la piena potenzialità delle gemme e dei semi a primavera favorisce la rinnovazione naturale».

Ci sono dei criteri che guidano l'intervento dell’uomo? «Una delle funzioni principali delle coperture forestali è offrire protezione ai versanti e di contribuire al mantenimento della loro stabilità, con particolari benefici per le zone di contatto con gli abitati. Attualmente dopo un incendio si tende a favorire una ripresa naturale spontanea, anche se talvolta la dinamica viene supportata mediante la semina di specie erbacee autoctone, che può prevedere anche l’utilizzo di un elicottero. In questo modo il suolo viene ricoperto con tempestività per evitare che il ruscellamento dell’acqua in superficie provochi l’asportazione delle ceneri con il loro prezioso contenuto di sostanze nutritive. Nei casi in cui si ritiene opportuno realizzare interventi di rimboschimento invece si utilizzano opportune specie arboree, diverse e disetanee».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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