Coronavirus ed Erasmus, studenti bresciani bloccati in Europa

«Vorremmo tornare a casa, ma forse è meglio restare» il dilemma dei i ragazzi di Brescia all'estero per studio
L'Università di Madrid -  Foto © www.giornaledibrescia.it
L'Università di Madrid - Foto © www.giornaledibrescia.it
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«Vorrei tornare, ma non riesco e non so nemmeno se è giusto farlo». Cinque, dieci, venti: tra messaggi e chiamate, è un'unica grande ondata di voci e di storie quella che arriva dagli studenti bresciani sparsi per l'Europa per un periodo di studio all'estero (Erasmus o affini). E che ora si trovano di fronte al dilemma: con l'emergenza da coronavirus, tornare a casa o restare dove si è?

Non è come dirlo. Alcuni Paesi stanno adottando solo ora misure restrittive, altri invece non ci pensano affatto (leggi Regno Unito). I voli sono stati cancellati, ma anche treni e bus sono quasi introvabili. Così racconta Elena, 19enne trasferitasi a Nizza per l'università: «Volevo tornare a casa, ma i treni non partono, e anche Flixbus non offre servizi fino al 3 aprile. La gente continua ad andare per bar, io sono qui da sola e non so che fare. Forse mio padre potrà venire a prendermi al confine». La solitudine è il primo, difficile scoglio da affrontare per i ragazzi, nonostante la tecnologia. Ma non è la stessa cosa: «Qui a Coimbra, la situazione è degenerata solo di recente - spiega Giulio, al quarto anno di Ingegneria biomedica al Politecnico -. Ha chiuso tutto e gli studenti se ne sono andati. Non so cosa fare, non riesco a pensare a niente». 

C'è chi vorrebbe tornare, ma il viaggio sarebbe una tale epopea che scoraggia in partenza. Maria, 23 anni, studia Medicina a Madrid, focolaio spagnolo, e da una settimana è chiusa in casa: «È scattato lo stato di emergenza anche qui, ma non c'è consapevolezza fra la gente. Per tornare dovrei prendere una nave da Barcellona fino a Genova, ma presto chiuderà anche quella via».

C'è chi invece non pensa proprio a tornare, perché, come Enrico, che studia Matematica, a Parigi può «studiare e praticare francese, inglese e tedesco»; e comunque «non sarebbe sicuro rientrare mentre anche gli studenti francesi si mettono in viaggio». Anche in Francia la popolazione, stando ai racconti, non ha ancora percepito la gravità della situazione, anzi, rincara Elena, «il Covid-19 è solo un fatto di cronaca. Mi sono messa in autoisolamento e mi viene detto che sono paranoica. Tornare? No. Avevo i biglietti, ma anche i miei genitori hanno insistito perché restassi a Parigi: a Brescia è peggio».

Qualcuno poi, pur di allontanarsi da situazioni a rischio, ha escogitato soluzioni rocambolesche. È il caso di Mimì, studentessa a Cardiff, che dopo le dichiarazioni di Boris Johnson ha deciso di prendere l'unico volo disponibile: quello per Lisbona, dove abita sua nonna. «Qui è molto preoccupante, starò in Portogallo finché la situazione non sarà risolta» dice.

A farle eco c'è anche Giulia, che sta lasciando gli Stati Uniti in queste ore, dove è dottoranda in Economia: «Trump ha sbloccato i fondi, ma nessuno sa ancora come funzioneranno le cure visto il sistema sanitario americano. Alitalia dovrebbe aver assicurato un volo fino a Roma, proverò quello». Non è una scelta facile però, per nessuno. In tutti c'è la preoccupazione per le famiglie, che inconsapevolmente potrebbero contagiare.

Lo sintetizza bene Chiara, che da Malaga scrive: «Da biologa mi dico: Fai l'isolamento qui. Da figlia replico: potrei tornare a casa per stare con i miei. Ma sono entrambi over 60. Quindi penso che resterò. Dopotutto è un'avventura anche questa».

 

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