Carne «sintetica»: il cibo creato in laboratorio divide politica e scienza

Lo stop del Governo riaccende il dibattito sugli alimenti coltivati, in alcuni Paesi già avviati alla commercializzazione
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CIBO SINTETICO, CHE COS'E'?
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Con il disegno di legge presentato lo scorso 28 marzo dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che sbarra la strada al «cibo sintetico», l’Italia è la prima nazione al mondo che ne vieta la produzione. Il testo impedisce agli operatori del settore agroalimentare e della mangimistica di impiegare nella preparazione degli alimenti, mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati, ma anche di venderli, importarli, produrli per esportarli e somministrarli.

Come definirla

Ma di che cosa stiamo parlando? Partiamo anzitutto dal nome. Gli scienziati concordano nel dire che sia tecnicamente un errore chiamare «cibo sintetico» la carne coltivata in laboratorio. Secondo Roberto Defez, ricercatore capo dell’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Cnr di Napoli e membro del comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi, il nome corretto è appunto «carne coltivata» oppure «agricoltura cellulare». Secondo Defez «è sintetico quello che è il risultato di processi in cui si utilizzano composti e reazioni chimiche, mentre nel caso della carne coltivata si utilizzano cellule staminali che in laboratorio vengono fatte differenziare per produrre muscolo».

Il procedimento

Le staminali vengono estratte da cellule di animali vivi o da carne fresca e fatte sviluppare in bioreattori. Con la stessa procedura vengono prodotte fettine di pesce ed esiste anche il latte sintetico realizzato con fermentazione di precisione basata sull’inserimento nei lieviti dei geni delle proteine del latte. Va detto che il Ddl del governo vieta la produzione di carni di vertebrati, aspetto che lascerebbe via libera alla coltivazione, per esempio, di polpa di granchio, aragosta e gamberi. Inoltre, segnala il mondo scientifico, esistono cibi coltivati già in commercio come i probiotici, i batteri aggiunti nello yogurt e l’alga spirulina.

Un po’ di storia

I primi esperimenti sulla carne sintetica risalgono al 1912, quando il premio Nobel Alexis Carrel mise un piccolo tassello di muscolo cardiaco di pollo in una soluzione misteriosa, che è poi sopravvissuto per anni al Rockefeller Institute. Il primo brevetto è datato invece 3 marzo 1995, depositato in Olanda dal ricercatore e industriale Wilelm van Eelen, mentre per il primo burger sintetico «servito a tavola» bisogna aspettare il 2013. Il 5 agosto di dieci anni fa a Londra, durante una trasmissione televisiva, fu cucinato e assaggiato il primo dischetto di carne coltivata. All’epoca un chilogrammo di carne costava 330mila dollari, mentre oggi il costo si aggira intorno ai 30 dollari.

Nel mondo

Anche per questo Singapore ha dato il via libera per la commercializzazione, mentre negli Stati Uniti il pollo coltivato in laboratorio è stato dichiarato sicuro per il consumo umano. In Israele una startup, Aleph Farms, che sviluppa carne sintetica ha aperto una sorta di cucina dove è possibile gustare la carne coltivata in cellule assumendosi però la responsabilità del consumo, firmando una liberatoria. In Europa il cibo coltivato rientra nei cosiddetti «nuovi alimenti», previsti dal regolamento 2283 del 2015. Per essere sdoganati però, questi cibi necessitano di un’autorizzazione da parte dell’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, che accerti come sicuro il loro consumo. L’iter per avviare la valutazione dell’Efsa parte quando un’azienda fa richiesta all’Ue di poter commercializzare nuovi alimenti, come avvenuto per gli insetti. Al momento non esiste alcuna richiesta in tal senso per la carne coltivata. Anche per questo il mondo scientifico giudica «prematuro» il Ddl del governo, in quanto «si è arrivati a definire delle regole quando mancano elementi per decidere». Favorevole e soddisfatto, invece, il mondo agricolo: Coldiretti, Confeuro e Cia-Agricoltori.

Posizione più dialogante quella di Confagricoltura, convinta sostenitrice della necessità di difendere la zootecnia di qualità, ma senza pregiudizi nei confronti dei «nuovi alimenti». Sull’argomento è intervenuto ieri sera a Messi a fuoco Oscar Scalmana, vicepresidente di Confagricoltura Brescia, secondo cui «la differenza deve farla la qualità. Sarà la scienza a stabilire se questo tipo di alimento va bene per il consumo umano. A noi spetta il compito di offrire chiarezza al consumatore e soprattutto fare del nostro meglio per garantire un prodotto di qualità. Un lavoro – ha concluso – che quotidianamente svolgono i nostri allevamenti».

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