Caffaro, nella roggia Pcb più di 5 volte oltre il limite

Cinque volte e mezza oltre i limiti nel 2019 e, nel 2020, più del doppio rispetto alla soglia stabilita. Dall’epicentro del Sito di interesse nazionale Brescia-Caffaro - ossia dalla cittadella industriale affacciata su via Nullo - i Pcb (acronimo di policlorobifenili) «viaggiano» ancora in concentrazioni ben oltre i parametri consentiti. A smascherare questa ulteriore sorgente di inquinamento mai sopita è ancora una volta il lavoro condotto dal team di Brescia dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente.
Sia nella relazione relativa al 2019, sia in quella - appena ultimata - riferita ai controlli eseguiti nell’anno che ci siamo lasciati alle spalle. I valori. Sotto esame c’è lo scarico che fa confluire le acque nella roggia Fiumicella: stiamo parlando, per l’esattezza, di 13 milioni di metri cubi all’anno. La Provincia, all’interno dell’Autorizzazione integrata ambientale, ha posto un limite massimo medio annuo relativo alle concentrazioni di Pcb. Limite che, negli ultimi due anni, è stato ampiamente superato. E che testimonia, anche in questo caso, come l’inquinamento sia di fatto persistente.
Le denunce dell’Agenzia sono chiare. Nella relazione del 31 marzo scorso si legge: «Nell’anno 2019 la concentrazione di Pcb nello scarico S2 ha superato di oltre il 500% il limite consentito nella roggia Fiumicella. Se si confronta questo valore con gli anni 2013 e 2014 si vede chiaramente che la situazione attuale si è aggravata», passando da 0,02 a 0,11 microgrammi per litro. Inquinamento. Altrettanto chiaro il quadro tratteggiato dall’Arpa (i cui tecnici anche ieri si trovavano nel sito per ulteriori rilievi) come epilogo del monitoraggio condotto nel 2020: la concentrazione media annuale dei Pcb rilevata allo scarico Caffaro, che immette le acque di falda, emunte dalla barriera idraulica, nella roggia Fiumicella è risultata più del doppio rispetto al limite imposto dalla Provincia nell’Aia. Del resto, anche durante la Commissione ambiente di martedì, il direttore del dipartimento di Brescia, Fabio Cambielli (ringraziando sia la Procura e i Carabinieri forestali, con i quali prosegue la collaborazione, sia i tecnici della sua squadra) ha ricordato il «pronto intervento» in urgenza messo in campo negli spazi dell’ex Snia. «Di fronte a una cisterna rotta, dalla quale gocciolava cromo VI, per senso di responsabilità e per tutelare l’ambiente, vista l’inottemperanza della ditta, abbiamo provveduto almeno a posizionare un catino che raccogliesse il liquido. Questo - ha detto - perché, diversamente, per la messa in sicurezza vera e propria (che compete alle istituzioni) ci sarebbero voluti mesi. E non potevamo rimanere ad assistere a questi sversamenti». Già.
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