Brescia, 30 ore di viaggio: poi 50 ucraini abbracciano i parenti
Un lungo abbraccio e le lacrime, a sciogliere la tensione dell’attesa e, in parte, la paura di non rivedere più i propri cari in vita. È finito così, nel piazzale dell’Hotel Industria di via Orzinuovi in città, il lungo viaggio di 53 ucraini, tra cui 21 bambini, partiti domenica pomeriggio alle cinque da Ternopil, città di 220mila abitanti dell’Ucraina occidentale, arrivati a Brescia ieri sera intorno alle nove e mezza. Quasi trenta ore di viaggio in pullman, dieci delle quali trascorse in attesa alla frontiera, dove da giorni in migliaia si accalcano per fuggire dalla guerra scatenata da Vladimir Putin contro il popolo ucraino. Per accogliere quanti riusciranno ad arrivare nella nostra provincia si stanno nel frattempo si stanno mobilitando le istituzioni bresciane.
Tra le lacrime
«Così qualcuno si salva», dice in lacrime Alessia, in Italia da sedici anni, sposata a Quinzanello, mentre stringe la nipote Irina, appena scesa dall’autobus con i due figli. Fino all’ultimo Irina ha sperato di non dover partire, si è opposta per giorni alle preghiere della zia di portarsi in salvo, fino a quando gli scoppi dei mortai e le bombe non si sono fatti più insistenti e vicini. Dall’autobus scendono quasi solo donne. Sono mamme e nonne, con in braccio o per mano figli e nipoti. Ad attenderli altre donne, zie o sorelle, che vivono come in trance tutto quanto sta avvenendo. «Fa male il cuore», dice Natasha, sposata a Gardone Valtrompia dove vive da cinque anni, mentre in auto aspetta la cugina in arrivo col marito e il figlio di due anni. Assolve i russi Natasha: «Sono nostri fratelli, abbiamo combattuto insieme contro Hitler. Come è possibile tutto questo? - si chiede incredula - Non sono i russi a farci questo. È Putin, la politica di Putin».
Nel parcheggio dell’Hotel Industria c’è anche Claudio, che arriva da Cremona e sta aspettando la compagna: «Al telefono - afferma - mi ha raccontato che la situazione sta peggiorando ogni giorno che passa. Lei vive in campagna, zona non strategica dal punto di vista militare, ma la sera in paese facevano suonare le campane e raccomandavano alla popolazione di tenere le luci in casa spente. Quanto sta succedendo - aggiunge - mi conferma una cosa che già sapevo: il popolo ucraino è molto patriottico e deciso a difendere il proprio Paese casa per casa».Carico di umanità
Dopo circa tre quarti d’ora, l’attesa è finita. Nel parcheggio dell’hotel arriva l’autobus carico di umanità, subito circondato da parenti e amici. Pochi minuti, il tempo degli abbracci e delle lacrime, poi di nuovo in auto per l’ultimo tratto del viaggio. Nel piazzale rimane solo un gruppetto di persone, tre donne e due bambini, per i quali il viaggio continua. Aspettano un altro autobus per l’aeroporto di Bergamo, destinazione Londra. Fuori fa freddo, si è alzato un vento gelido, insolito per noi, ma non per loro. Chissà che così non si sentano un po’ più a casa.
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