Barriera anti-veleni, Caffaro Bs: «Investiti 13 milioni»
Nell’ultimo anno è successo di tutto: controlli, sequestri, sospensione dell’Autorizzazione integrata ambientale con il relativo blocco - improvviso - della produzione, vertenze finite sul tavolo del Tar.
Un ciclone che aveva portato i vertici dell’azienda, sul finire del 2019, ad aprire le porte di casa (una casa non di proprietà, ma in affitto) per guardare in faccia la città e dimostrare, carte alla mano e telecamere accese, che «qui si sta e si è sempre agito attuando le prescrizioni degli enti» e mantenendo in funzione la diga anti-veleni che tiene al sicuro la falda cittadina. Ma, soprattutto, per scrollarsi di dosso «responsabilità e colpe che nostre non sono».
Perché - e questo Caffaro Brescia lo ha sempre ribadito - l’inquinamento storico, quello che parla di Pcb, clorurati e mercurio, con l’azienda che ha spento i macchinari a settembre, non ha nulla a che fare. Un messaggio che, adesso, la società intende ribadire: «Caffaro Brescia Srl, attualmente in liquidazione, ha sempre agito nella legalità adoperandosi per garantire l’efficienza della barriera idraulica, rispettando costantemente le principali indicazioni degli enti competenti secondo le quali l’operatività della barriera idraulica è stata mantenuta con una portata di emungimento pari a circa 1.500 metri cubi all’ora, utilizzando i pozzi esistenti».
Una distinzione è d’obbligo e non è affatto secondaria. La fabbrica dei veleni passata alla storia per lo scoppio delle bomba ecologica che ha infestato la città, facendo «viaggiare» il cocktail di inquinanti fino a Capriano del Colle, accanto al marchio storico «Caffaro» aveva come «cognome» la parola Chimica e - da anni - è in liquidazione.
La Caffaro finita sotto i riflettori di oggi è entrata nella cittadella industriale incastonata tra le vie Milano e Nullo solo dieci anni fa. Questa Caffaro, che per «cognome» fa appunto Brescia, in cui ogni giorno per anni si sono rimboccati le maniche oltre 54 lavoratori (ora rimasti in 32), è un mini quartiere sparso all’interno di quell’architettura industriale perlopiù dismessa e scrostata, consumata dagli scarti del tempo e dagli inquinanti che sono rimasti appiccicati addosso ai capannoni silenti.
Da un lato, l’accusa sostiene che Caffaro Brescia abbia aggiunto a sua volta nuovo inquinamento a quello storico (tesi divenuta pubblica con il sequestro preventivo degli spazi e con la sospensione dei vertici della società, sulla scorta dell’ordinanza firmata dal gip Alessandra Sabatucci dopo le indagini condotte dalla Procura e dall’Arpa).
Dall’altro lato, c’è la questione barriera idraulica, quel sistema di pozzi che - se mantenuto in funzione - rappresenta, di fatto, una sorta di «diga» anti-veleni, impedendo ai contaminanti di diffondersi e raggiungere la falda. Una diga fondamentale per la città e che, finora, la società ha sempre mantenuto in funzione. Dopo il clamore che l’indagine ha lasciato dietro di sé e il silenzio di questi dieci giorni, a parlare e a raccontare la loro versione della storia sono i rappresentanti della stessa azienda. Che in primis chiariscono proprio il loro impegno su questo fronte: «Dal 2011 ad oggi, Caffaro Brescia Srl attualmente in liquidazione ha investito per il mantenimento e il funzionamento della barriera idraulica oltre 13 milioni di euro.
Tutti gli interventi sono sempre stati fatti a norma di legge rispettando le indicazioni degli enti preposti e abbiamo fiducia nella magistratura che confermerà la correttezza delle nostre azioni». Responsabilità. La società, in liquidazione dal 13 ottobre scorso, nel 2011 ha ricevuto in locazione da Caffaro Srl in amministrazione straordinaria gli spazi di via Nullo, epicentro del Sito di interesse nazionale. Per produrre cosa? Clorito di sodio, un disinfettante che serve per il trattamento e la potabilizzazione delle acque. Lavorazione e produzione che sono cessate nel giugno 2020.
Spiegano dall’azienda: «Da quel momento abbiamo dato avvio alle operazioni di dismissione ed effettuato, a nostre spese, una serie di ulteriori attività volte ad agevolare il subentro del futuro operatore nella gestione della barriera idraulica e nelle operazioni di bonifica spettanti alla struttura commissariale».
Un iter, questo, che la società - come risulta dagli atti - ha comunicato ormai da mesi sia al Ministero sia a tutte le istituzioni e tutti gli enti coinvolti nella gestione futura del sito. Chiarendo che, dal 1° aprile, si sarebbe consumato il suo addio alla città e chiedendo, non a caso, un interlocutore al quale poter passare le consegne relative alla gestione della diga anti-veleni. «La barriera idraulica consiste nell’emungimento e nel trattamento dell’acqua di falda» ricorda la ditta, che pure continua a rimarcare e sottolineare: «Tutti gli interventi programmati ed eseguiti negli ultimi anni sono stati sempre concordati con gli enti preposti. Resta inteso che il sito è in attesa delle operazioni di bonifica da parte del commissario straordinario del Ministero» per il Sin.
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