Badiucao: «Hanno minacciato la mia famiglia, ma vado avanti»

Il governo cinese minacciò i familiari dell'artista esule nel 2018 e nel 2019 facendo cancellare le mostre. A Brescia non accadrà
Badiucao © www.giornaledibrescia.it
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La mostra? Si farà. Non ha dubbi Badiucao, l’artista attivista cinese ora esule in Australia, che sta lavorando in Santa Giulia all’allestimento dell’esposizione che aprirà il 13 novembre. «Sta viaggiando tutto sul binario giusto e come previsto - commenta - compreso l’intervento del governo cinese». Che tramite l’ufficio culturale dell’ambasciata in Italia ha espresso «insoddisfazione» per l’iniziativa di Brescia Musei e ha chiesto al Comune di Brescia di cancellare il progetto. Ricevendo un secco «no».

«Il governo cinese mi ha fatto la migliore pubblicità - ironizza l’artista -, forse pensavano che dopo aver cancellato le mostre a Hong Kong nel 2018 e a Sydney nel 2019 per le minacce alla mia famiglia, avrei ceduto anche stavolta, ma hanno sbagliato. Il silenzio dell’occidente sulle violazioni dei diritti in Cina ha favorito questa aggressività, ma stavolta il governo cinese ha sbagliato giudizio su di me, sul Comune di Brescia che ha dimostrato integrità e coraggio, e anche su se stesso».

Badiucao davanti alla locandina della sua mostra- Foto tratta dal profilo Twitter dell'artista
Badiucao davanti alla locandina della sua mostra- Foto tratta dal profilo Twitter dell'artista
La mostra in Santa Giulia «sarà la prima opportunità per farmi conoscere a livello internazionale come artista, oltre che come vignettista sul web. Ci saranno opere a olio, installazioni, video... per me sarà una sfida, e l’occasione per comunicare il mio messaggio. Io rispetto chi sostiene "l’arte per l’arte", ma la mia visione è diversa. In questi tempi in cui l’illusione di vivere in un mondo pacificato si va dissolvendo, l’artista ha la responsabilità di intercettare e trasmettere queste sensazioni; nel mio caso, far sapere a tutti che l’immagine della Cina non è quella veicolata dal governo, che il Paese e la sua popolazione sono differenti».

Da Wuhan

Tra le opere in mostra a Brescia, ci saranno i «Diari di Wuhan», un documento eccezionale sui cento giorni di lockdown nella città primo epicentro della pandemia. «Prima ancora che esplodesse, ho lanciato un appello agli abitanti di Wuhan, chiedendo di raccontarmi via Twitter cosa stava accadendo, sfidando la censura. Un cittadino, di cui non ho voluto conoscere l’identità per tutelarlo, ha narrato la sua esperienza in un crescendo di dolore e disperazione. Ne esce un racconto tragico di una città blindata senza preavviso, dove la gente non aveva cibo, né medicinali, né dispositivi di protezione. Dove chi aveva sintomi doveva recarsi a piedi in ospedale. C’è la storia di un uomo che respinto perché non c’erano posti letto, e non volendo rientrare a casa, ha scelto di suicidarsi. In mostra ci saranno i documenti originali, con alcune parti tradotte in italiano. In una performance li leggerò fino a perdere la voce - anticipa Badiucao - perché queste cose, cancellate dalla retorica governativa della vittoria sul virus, devono trovare ascolto».

Oltre la censura

I «Diari di Wuhan» sono riusciti a sfondare la censura grazie a Twitter, il social media che Badiucao utilizza per comunicare e che riesce, «come una goccia d’acqua che penetra nelle fessure», ad aggirare il muro di imponenti blocchi di pietra della censura governativa. «In Cina i social sono monitorati in modo da intercettare le parole segnalate come "sensibili" - spiega l’artista - ma non le immagini. Attraverso l’uso delle vignette e la creazione di parole nuove si può raggiungere quel milione di cinesi che usano Twitter e che, come tante piccole gocce, possono far circolare le informazioni nel Paese.

Prima che la censura intervenga si aprono piccole finestre temporali di libertà: sogno un milione di finestre che una accanto all’altra diventino un’eternità». Quello che il governo teme di più, sottolinea Badiucao, è l’esistenza o la nascita di comunità organizzate, portatrici di valori alternativi all’unica comunità ammessa, il Partito comunista cinese.

«I tibetani, gli uiguri dello Xinjiang sono perseguitati come comunità perché hanno tradizioni, cultura e religione diverse da quelle ufficiali. Ma lo stesso accade per la comunità Lgbt, che sta cercando orgogliosamente di portare alla luce la propria identità. Nella mentalità del governo cinese non c’è spazio per tutto questo». Accanto alla denuncia della repressione delle minoranze e delle manifestazioni a Hong Kong , accanto ai dissacranti manifesti sulle prossime olimpiadi invernali di Pechino che, accusa Badiucao, saranno una vetrina luccicante per l’occidente, l’artista renderà omaggio ai singoli uomini coraggiosi che hanno osato sfidare il governo.

Una foto dell’installazione «Tank Man», l’uomo che fermò i carri armati © www.giornaledibrescia.it
Una foto dell’installazione «Tank Man», l’uomo che fermò i carri armati © www.giornaledibrescia.it
Così ci sarà la performance dedicata al «Tank Man», l’uomo con la camicia bianca e le borsine della spesa in mano che fermò i carri armati in piazza Tienanmen nel 1989, la cui immagine fece il giro del mondo. E l’omaggio al dottor Li, il medico cinese che per primo denunciò la pandemia di Covid-19 e che per questo fu arrestato dalle autorità. «È il Tank Man dei nostri giorni, la prova che lo spirito di Tienanmen non si è fermato. E che il popolo cinese e il suo governo sono differenti».

Li Wenliang, il medico che denunciò la pandemia © www.giornaledibrescia.it
Li Wenliang, il medico che denunciò la pandemia © www.giornaledibrescia.it

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