Assalto al caveau: «Il piano era stato predisposto nei minimi dettagli»

Lo scrive la giudice del tribunale di Brescia nelle motivazioni della sentenza di primo grado che ha portato alla condanna di 31 persone
L’ultima riunione della banda che voleva assaltare il caveau - Foto © www.giornaledibrescia.it
L’ultima riunione della banda che voleva assaltare il caveau - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Il piano che poteva fruttare 83 milioni di euro era saltato all’ultimo. «Un’azione criminale di assai ampia portata e articolazione che, giunta ben oltre il mero stadio progettuale, si mostrava all’atto dell’intervento della polizia nel capannone, completa in ogni suo aspetto e già in fase di attuazione».

Lo scrive il giudice del tribunale di Brescia Federica Brugnara nelle motivazioni della sentenza in primo grado nei confronti di 33 imputati coinvolti nel tentato assalto al caveau della Mondialpol di Calcinatello. Due di loro sono stati assolti, mentre 31 condannati a 236 anni di carcere complessivi. «Erano tutti consapevoli di quello che stavano commettendo» secondo il tribunale. «Si è trattato di un piano predisposto nei minimi dettagli, a partire dal mese di settembre 2021 con pazienza e cura, volto anche al reperimento dei mezzi necessari per commettere l’assalto, ma anche per assicurare sopralluoghi sicuri».

Il fatto

Il piano per assalire la cassaforte dell’istituto di vigilanza andò in fumo la sera dell’11 marzo 2022, quando la Polizia entrò nel capannone-base del gruppo a Cazzago San Martino, mentre la banda stava preparando le armi. «Quella sera il leader Tommaso Morra radunava attorno a sé i soggetti presenti all’interno del capannone, dando le ultime indicazioni per l’assalto. Giuliano Franzè e Antonio Nardone uscivano per recuperare il carburante da mettere nelle vetture già posizionate nei pressi del caveau, di modo da incendiarle e impedire l’intervento delle forze dell’ordine. È pertanto evidente - si legge - che alla luce di tutti gli elementi agli atti, gli imputati avevano già verificato la realizzabilità del piano» ha ricostruito il giudice nelle 568 pagine di motivazioni.

«La sera dell’11 marzo non solo gli uomini nel capannone, ma anche tutti gli altri partecipanti erano pronti ad entrare in azione e già dislocati nei diversi punti di partenza, sulla scorta di una pregressa suddivisione di ruoli, in attesa solo di un segnale di avvio.L’ azione risulta essere stata interrotta solo dall’imprevisto intervento delle forze dell’ordine che hanno operato il fermo in rapida sequenza di tutti gli imputati».

I ruoli

Il gruppo di 33 persone era costituito da pugliesi di Cerignola, calabresi e da una base bresciana, tra cui il valtrumplino Giuliano Franzè, Claudio Cascino, titolare di una pizzeria e i due dipendenti infedeli della Mondialpol, Massimo Cannatella e Vito Mustica. «Tommaso Morra (condannato a 16 anni e 4 mesi), Giuseppe Iaculli ( 12 anni e due mesi) e Giuliano Franzè (12 anni e 4 mesi) hanno avuto un ruolo fondamentale nell’organizzazione del piano così come le guardie Massimo Cannatella e Vito Mustica (entrambi condannati a sei anni) che hanno svolto un ruolo essenziale nella programmazione della rapina e nel riferire indicazioni fondamentali, al fine di mostrare la logistica del caveau. Va rilevata – prosegue la sentenza – l’estrema professionalità dimostrata dagli imputati in primis dagli ideatori del piano, ma anche dei diretti collaboratori coinvolti».

Impossibile quindi per il giudice non riconoscere il reato di tentata rapina aggravata perché «era stato ormai da tempo realizzato un minuzioso studio dell’obiettivo, individuate le modalità della rapina, i punti di chiusura a presidio dei quali erano state poste ben 12 auto da fare esplodere grazie all’accelerante apposto all’interno delle stesse per impedire alle forze di polizia l’inseguimento e infine, programmato un piano di fuga». Senza contare «l’armamentario ingente e pericolosissimo. Un vero e proprio arsenale: quattro Kalashnikov, due pistole, un fucile a pompa con relativi caricatori e munizioni, un giubbotto antiproiettile, due secchi di chiodi a quattro punte, targhe di autovetture, telefoni cellulari la maggior parte dei quali distrutti, nonché nove autovetture e furgoni di provenienza furtiva, chiavi vergini per avviare le auto e all’interno di cinque vetture erano già state collocate bottiglie riempite con liquido infiammabile».

Poi sul più bello il blitz delle forze dell’ordine ha mandato in fumo il progetto milionario. 

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