Anno Giudiziario, Castelli: «Il Pnrr è un'occasione storica»

Così il presidente della Corte d'Appello alla cerimonia. A Brescia calano i reati ma non i processi. In aumento però quelli da Codice Rosso
  • L'inaugurazione dell'anno giudiziario
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«Quella che abbiamo di fronte è un'occasione storica. Per la prima volta dopo decenni la giustizia si trova a non dover far fronte a un'assenza di investimenti e può cercare di azzerare quell’arretrato che è stata ed è la sua zavorra». 

Queste le parole con le quali il presidente della Corte d'appello Claudio Castelli ha aperto la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario 2022 per il distretto di Brescia. Alla presenza della ministra per gli affari regionali Mariastella Gelmini, del prefetto Maria Rosaria Laganà e del vescovo Pierantonio Tremolada, oltre che dei vertici delle forze dell’ordine e dell’avvocatura, Castelli ha ammonito circa l'importanza di non perdere il treno offerto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e dalle risorse che mette a disposizione.

L'occasione è storica, ma poteva essere migliore ha lasciato intendere il presidente della Corte. «Gli obiettivi posti dal Pnrr hanno il grave deficit di non avere coinvolto in alcun modo né gli uffici giudiziari, né l'avvocatura per partire da un quadro della situazione per un esame di fattibilità e per identificare gli strumenti idonei». 

Nel corso del suo intervento il presidente Castelli ha passato in rassegna il lavoro svolto dall’1 luglio del 2020 al 30 giugno del 2021 dagli uffici giudiziari del distretto che presiede. Sia nel settore civile, che in quello penale. «L'andamento va valutato come ampiamente soddisfacente - ha detto con riferimento al primo -. Complessivamente si è mantenuta un'ottima produttività che porta ad una diminuzione delle pendenze. A Brescia sono diminuite del 6,23%». Nel settore penale le cose non vanno altrettanto bene. Calano i reati, ma non i processi: «Al di là degli sforzi si evidenzia una crisi sistemica. La Procura di Brescia ha iscritto 21.204 procedimenti penali, e ne ha definiti 20.200». 

Il procuratore generale presso la Corte di Appello Guido Rispoli ha illustrato invece lo stato dell'arte, con riferimento ai reati di maggiore allarme. «La criminalità organizzata di stampo prevalentemente ‘ndranghetista, si conferma attratta dalla ricchezza economica che il territorio esprime, tende sempre più a radicarsi sul territorio e a specializzarsi anche nella commissione di reati di natura tributaria, avendo compreso che possono essere molto lucrativi e che i controlli del sistema finanziario spesso non consentono di individuarli con la necessaria tempestività. I delitti contro la Pa “classici” – vale a dire: corruzioni, concussioni e indebite induzioni a dare o promettere utilità – vanno letteralmente scomparendo, il che - ha ammonito Rispoli - non significa che il fenomeno sia stato eradicato. Calano i reati contro il patrimonio, anche sensibilmente, mentre quelli da Codice rosso, quali stalking e violenze sessuali continuano a costituire un’autentica emergenza e impongono una risposta giudiziaria all’insegna del massimo rigore, alla stregua - ha spiegato Rispoli - di quelli ambientali, che sono in lieve calo, ma che devono vedere i cittadini in prima fila, al fianco della magistratura».

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