Allarme cinghiali, la Polizia provinciale all'opera con gabbie e abbattimento

Da inizio anno sono già 158 i cinghiali abbattuti in provincia di Brescia. Sempre più frequenti le segnalazioni da dentro i giardini
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Sono sempre più frequenti le segnalazioni relative alla presenza di cinghiali in terreni vicini alle case, anche in città. Presenze notturne che razziano ciò che trovano, devastando orti e giardini, non disdegnando i rifiuti abbandonati per strada.

Segnalazioni di questo tipo arrivano ogni giorno e da ogni parte della provincia alla Polizia Provinciale, che sta cercando di contenere il problema, intervenendo con le gabbie e poi con l’abbattimento. Ma non è certo semplice. Come spiegato dal comandante Claudio Porretti, «in caso di incontro fortuito con un cinghiale, la reazione più probabile è la sua fuga. Per evitare di avere animali nei propri giardini bisogna creare recinti in grado di fermarli» e il suggerimento sul come farlo arriva dall’agronomo Fausto Cavalli che spiega: «Bisogna fissare una recinzione profonda almeno 40 centimetri sotto terra, non serve sia poi troppo alta».

Stando ai Dati forniti dall’Atc (Ambito territoriale di caccia) nella provincia di Brescia, i cinghiali abbattuti da inizio anno ad oggi sono 158. Quindi si aggirano su quelle cifre anche gli avvistamenti. «E normalmente si interviene - spiegano dalla Polizia Provinciale - dove viene segnalata la presenza di questi animali, per danni alle coltivazioni o per incolumità pubblica».

La caccia di selezione

La Regione, su proposta dell’assessore all’Agricoltura Fabio Rolfi, ha approvato una delibera che autorizza i contadini al cosiddetto «controllo selettivo degli ungulati», quindi, gli agricoltori che subiranno danni potranno indicare due operatori abilitati per eliminare i cinghiali che arriveranno sui loro terreni. Ma un altro metodo che pare funzionare per tenere questi animali alla larga dai propri fondi è quello di utilizzare fili elettrificati, come si fa per proteggere le colture pregiate.

E può avere efficacia la caccia di selezione, non la «braccata» o «caccia collettiva», ossia quella con i cani, che anzi, secondo un esperto del WWF come Enzo Mauri, che rappresenta le associazioni ambientaliste nella Consulta faunistica venatoria della Regione, «va esattamente all’opposto di quel che si doveva fare per contenere il cinghiale, visto che negli ultimi trent’anni, incentivando questa pratica venatoria, la questione è andata via via crescendo. Il più delle volte sono i cani che stanando i cinghiali - e tutta l’altra fauna - li spingono verso luoghi in cui questi animali si sentono protetti».

La questione delle femmine

Non solo. Esiste anche un fattore biologico che causa questa proliferazione: le femmine già ad un anno di età, raggiunti i 30 kg di peso, sono più prolifiche di un capo più anziano, solo che i cacciatori mirano ad abbattere i capi più grossi, lasciando libere le femmine più piccole che fanno nascere più cuccioli.

Da qui la richiesta che arriva dalle associazioni ambientaliste di una «eliminazione totale o almeno subito di una moratoria di due/tre anni della caccia in braccata causa da sempre della diffusione e aumento del cinghiale che ricordiamo - prosegue Mauri - è anche un danno per la biodiversità; altrettanto importante è inoltre incentivare la caccia di selezione eliminando il pagamento del contributo sui capi abbattuti che spinge l’azione di caccia solo sui capi di grossa taglia e non invece sui giovani in particolare femmine che sono il fattore principale dell’aumento dei cinghiali».

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