Acqua, 6 mesi per decidere il modello: «Il pubblico è possibile»

Il tempo stringe. E la road map è tracciata. Le ultime notizie da Roma dicono che l’attuale consiglio provinciale (eletto a dicembre) potrebbe scadere già a ottobre, insieme al presidente Samuele Alghisi.
Prima di allora andrà sciolto il nodo gordiano del gestore del ciclo idrico: nel 2016 venne scelto il modello misto (controllo pubblico e un partner privato tra il 40 e il 49%); nel 2018 il referendum provinciale vide il 96% dei votanti scegliere il sistema totalmente pubblico (ma andò alle urne solo il 22% dei bresciani). Nel frattempo è nata Acque Bresciane, il gestore unico del ciclo idrico, soggetto rimasto interamente pubblico anche se la scelta del 2016 non è mai stata modificata. Il tema vive infatti in una sorta di limbo. Il tempo delle scelte però si avvicina.
L’obiettivo, spiega il consigliere delegato Marco Apostoli, «è chiudere questa partita prima del cambio del presidente».
Ieri si è finalmente riunita la commissione provinciale ciclo idrico, di cui Apostoli sarà presidente. Era la prima seduta, dedicata a programmare il lavoro delle prossime settimane.
Apostoli, a cosa serve la commissione?
«Ad affrontare le questioni legate all’acqua, a partire dal gestore del ciclo idrico. Esenzialmente dobbiamo dare risposta a due domande: 1) una società interamente pubblica è in grado di fare gli investimenti necessari su acquedotti, depuratori, fognature? 2) se riesce a fare questi investimenti, deve aumentare di più le tariffe rispetto a una società mista? Oggi abbiamo a disposizione studi, dati e documenti che mesi fa non c’erano. Siamo consapevoli dell’importanza della scelta: lo spirito è di grande collaborazione».
Acque Bresciane e Ato hanno realizzato uno studio che compara i due modelli, misto e pubblico: entrambi sostenibili, con una leggera preferenza per il misto.
«Studieremo il documento e verificheremo i dati. Ma se entrambi i modelli sono validi, la scelta è politica. Così come è stata una scelta politica nel 2016. Oggi, rispetto ad allora, sappiamo che Acque Bresciane si è strutturata e consolidata finanziariamente e ha un piano investimenti importante. Questo ci consente di dire che la strada indicata dai cittadini con i referendum del 2012 e 2018 può essere seguita: il gestore del ciclo idrico può restare interamente pubblico».
Ora come ora resta la scelta del misto. E A2A-Asvt hanno presentato un project financing per l’acquisto delle quote (40-49%) di Acque Bresciane. Dovrete rispondere in 90 giorni. Che ne pensa?
«Il lavoro della commissione entrerà certamente anche nel merito di questa proposta. Personalmente penso che, nel malaugurato caso si decidesse di mantenere il modello misto, il percorso da seguire non sia quello del project, dove si mette a gara il progetto di qualcun altro. Ma vada fatto un bando aperto a tutti governato da Provincia e Acque Bresciane».
Ha detto che la scelta è politica. Nel programma della maggioranza c’è l’indicazione per il modello pubblico. Ma alcuni esponenti, come il vicepresidente Galperti, sono scettici. Riuscirete a fare sintesi?
«È l’obiettivo del lavoro della commissione. Il vicepresidente Galperti ha detto che con il modello pubblico le tariffe crescerebbero del 30%: se ha i dati li mostri. Io credo che su questo tema dovremmo decidere tutti insieme, trovando la più ampia convergenza possibile. Sappiamo che nei prossimi anni dovremo investire in acquedotti, depuraturi, fognature. E che più investiremo, più la tariffa crescerà, visto il meccanismo del full recovery cost. La norma prevede la "remunerazione del capitale investito" per il gestore. Io preferisco che a fare i profitti sull’acqua sia una società pubblica, che poi reinveste nelle reti. I privati, per natura, devono massimizzare gli utili per distribuirli agli azionisti. L’acqua va tenuta al riparo dagli appetiti speculativi».
Quale sarà il percorso per modificare la scelta del 2016?
«Una mozione di indirizzo in consiglio provinciale, il voto del cda dell’Ato, il parere vincolante della conferenza dei sindaci e il ritorno in consiglio per l’approvazione finale».
Affronterete anche il tema del depuratore del Garda?
«Spero che se ne possa parlare. Da quando c’è il commissario (giugno 2021, ndr) sembra che il tema sia diventato tabù: il commissario è un salvagente per la politica che così non deve decidere. Ma i problemi restano. Tra ricorsi e proteste il progetto Gavardo-Montichiari rischia di incagliarsi. Un depuratore il Garda già ce l’ha, a Peschiera: sono convinto la soluzione migliore sia il suo potenziamento».
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