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Rapì la compagna e la fece vagare nuda nel bosco: a processo

Il 25enne di Pompiano sarà il 16 dicembre davanti ai giudici per sequestro di persona, lesioni e violenza privata
Il processo inizierà il prossimo 16 dicembre - © www.giornaledibrescia.it
Il processo inizierà il prossimo 16 dicembre - © www.giornaledibrescia.it
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Sarà a processo il prossimo 16 dicembre per rispondere di accuse pesantissime: aver rapito la compagna, averla cacciata con violenza a bordo del suo furgone, e averla costretta a spogliarsi completamente e a vagare nuda nei boschi tutt’attorno Vestone. Jonathan Satta 25enne di origini sarde, da qualche tempo trasferito da Lumezzane a Pompiano, attenderà agli arresti domiciliari (condizione nella quale si trova dallo scorso mese di giugno) l’appuntamento davanti a giudici della seconda sezione penale.

Il giovane fu arrestato e portato a Canton Mombello nella tarda serata dello scorso 25 marzo. Quella giornata - che la sua compagna descrisse come la più brutta e più lunga della sua esistenza - iniziò da una fine. Lei - una dozzina di anni più grande di lui - ai militari raccontò di aver deciso, al termine dell’ennesima scenata di gelosia, di troncare e di metterlo alla porta. Disse di avergli fatto trovare le valigie pronte e di essere uscita di casa per andare al lavoro. Raccontò di non avere avuto nemmeno il tempo di farvi ritorno per scoprire che la sua decisione era caduta nel vuoto e che il suo inferno non era ancora finito.

La donna riferì di essere stata prelevata e caricata a forza dal compagno sul suo furgone (circostanza peraltro confermata dalle telecamere di videosorveglianza installate nei pressi dell’azienda di Pompiano dove lavorava all’epoca), di non essersi potuta opporre e di non aver potuto impedire al suo uomo di correre verso la Valsabbia. Arrivati a destinazione, nei boschi attorno a Vestone - raccontò la vittima - lui la fece scendere dal furgone e la costrinse a spogliarsi completamente. La obbligò a camminare nuda nella vegetazione, fino alla confessione di un tradimento inconfessabile perché mai consumato. A spegnere per tempo l’incubo fu una telefonata, fatta dalla mamma di lei ingaggiata dai carabinieri di Verolanuova, che nel frattempo avevano raccolto la denuncia della lite in strada a Pompiano e scoperto l’identità dell’uomo e della donna partiti a tutta velocità sul furgone. La donna riuscì a distrarre il genero e a farlo rientrare a Lumezzane.

Lo mandò direttamente in caserma, convincendolo che lì avrebbe trovato il responsabile dell’incidente nel quale era rimasto coinvolto qualche giorno prima. Satta trovò solo le manette. Il 25enne difeso dagli avvocati Andrea Cavaliere e Gianfranco Trullo ha sempre contestato il racconto della ex compagna. Ed è questa la ragione per la quale ha preferito il dibattimento al processo abbreviato. Vuole il confronto con la donna. E lo vuole in aula. È convinto che la verità sia un’altra: preferisce la possibilità di farla emergere allo sconto di un terzo della pena garantito dal rito.

 

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