Omicidio Del Pero: la madre, mai risarcita, ora deve pagare le spese

Dopo 33 anni il dolore non ha fine. «Mancava solo l’ennesima beffa a rendere il carico ancora più pesante» racconta Gigliola Bono, la mamma di Monia Del Pero, uccisa a Manerbio a 19 anni dall’ex fidanzato proprio la sera di Santa Lucia. Era il 13 dicembre 1989.
«Fino a quel momento era stato un giorno magnifico. Monia aveva ricevuto in regalo l’autoradio. Quella sera non voleva andare ad incontrare l’ex che l’aveva cercata per ridarle degli effetti personali. Non vedeva l’ora di poter installare quella radio. Mi disse "vado e torno". Non l’ho più vista viva» ricorda la mamma di Monia. La ragazza fu strangolata, denudata e il corpo messo in sacchi della spazzatura poi gettati in condutture di scolo del fiume.
L’ultima beffa
Questa donna dal 2006, da un tribunale all’altro, sta affrontando una battaglia nel nome della figlia e per tutte le donne. Chiede di equiparare le vittime di femminicidio a quelle di mafia, così da portare lo Stato a creare un fondo per le famiglie delle donne uccise nei casi in cui il responsabile dell’omicidio non sia in grado di risarcire. Come accaduto nel caso di Monia Del Pero.
Il cui assassino ha scontato la condanna a 11 anni e otto mesi. Cinque dei quali in carcere, «e il giorno dei funerali era già ai domiciliari» ricorda la madre della vittima. E non hai mai risarcito come avrebbe dovuto da sentenza definitiva. Ora però c’è un’altra sentenza che fa rivivere un incubo alla famiglia Del Pero. È quella pronunciata dal tribunale civile di Roma che in primo grado ha rigettato la richiesta di indenizzo.Non solo. Ha anche condannato Gigliola Bona al pagamento di quasi 12mila euro di spese di lite nei confronti di Presidenza del Consiglio, Ministero dell’Interno e Prefettura di Brescia. «Tra Tar, tribunali e consiglio di Stato in tanti anni non mi era mai successo di essere pure condannata a pagare le spese legali. E l’ultima riga della sentenza si aggiunge a quanto scritto prima che fa altrettanto male» è il pensiero della mamma di Monia Del Pero.
Il riferimento è al passaggio in cui la giudice scrive: «Nella scelta del legislatore di prevedere un indennizzo a favore delle vittime di ciminalità organizzata non può ravvisarsi disparità di trattamento rispetto alle ipotesi di omicidio comune, che colpiscono il soggetto privato».

Il femmincidio viene considerato un reato comune. «Gli indennizzi per le vittime di mafia erano stati creati in piena emergenza negli anni Novanta, oggi il femmincidio non è un’emergenza. Per questo giudice è un fatto comune. Sono scovolta e non pensavo, dopo 33 anni, di stare ancora così male» tuona mamma Gigliola. «Non voglio un euro, combatto per le tante Monia italiane». E annuncia: «Non mi fermo. Ho più di 70 anni e fino a quando sarò in vita continuerò a lottare perchè le vittime di femmincidio non siano vittime di serie B». E con il suo avvocato Piera Buffoli è pronta a fare ricorso in appello.
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