Bassa

Azienda sequestrata per 3 anni: gli imputati per traffico di rifiuti tutti assolti

Otto anni fa l’inizio delle indagini, smentite in aula dalla sentenza
Il Tribunale di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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Era stato posto sotto sequestro l’impianto e nominato un amministratore giudiziario. In tredici finirono nel registro degli indagati per traffico illecito di rifiuti, falso e gestione illecita di rifiuti in violazione delle autorizzazioni ambientali rilasciate dagli Enti competenti.

Vennero pure fermati 17 mezzi di proprietà del gruppo. Tre anni dopo e a otto dall’inizio dell’indagine passata dalla scrivania di tre magistrati, il caso con al centro la General Rottami srl di Montichiari, si è chiuso in primo grado. Senza colpe e con l’assoluzione di massa.

Senza prove

Gli inquirenti parlarono di «finta economia circolare», di «un vero e proprio sodalizio criminale tra imprenditori». Per i giudici non c’è prova di nulla rispetto a quanto contestato dalla Procura e dalla Polizia stradale che ha condotto le indagini. E alle accuse, mosse prima dal procuratore aggiunto Sandro Raimondi, poi dal sostituto Mauro Leo Tenaglia, ci ha creduto poco anche l’ultimo pm ad aver ereditato il caso, Teodoro Catananati, che ieri ha chiesto lui stesso l’assoluzione degli imputati.

Con la sentenza il giudice Lorenza De Nisi ha disposto anche l’immediata perdita di efficacia di tutte le misure cautelari a carico di General Rottami. E l’azienda è stata dissequestrata dopo tre anni e mezzo di blocco.

Le accuse

Al centro dell’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia, c’era la società monteclarense che commercia metalli e il suo amministratore, entrambi difesi dall’avvocato Andrea Puccio.

Il gruppo secondo gli inquirenti era il centro nevralgico dell’attività illecita e nell’impianto della Bassa i rifiuti non sarebbero stati sottoposti a operazioni di recupero, ma miscelati con sostanze estranee pericolose, per essere poi consegnati, sotto le mentite spoglie di End of Waste (cessato rifiuto) ad acciaierie bresciane. Tutto questo, nel disegno accusatorio, avrebbe consentito all’azienda di godere di un ingiusto profitto, dovuto anche al risparmio di costi, a scapito della salvaguardia dell’ambiente.

Il processo

Nel corso del processo l’esame dei testimoni dell’accusa aveva fatto emergere l’interpretazione errata della normativa di riferimento sui rifiuti e soprattutto la carenza di prove in merito al traffico illecito contestato nel capo di imputazione. Così il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione degli imputati e il giudice ha condiviso le conclusioni. Smentendo anni di indagini e annullando il sequestro dell’azienda di Montichiari, sotto sigilli da tre anni e mezzo.

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