Ambiente

Andrea Toffaletti: «Dal 1991 si sono estinti 193 ghiacciai»

Ruggero Bontempi
Il vicepresidente Servizio glaciologico lombardo parla dei risultati dei monitoraggi: sono indicatori sensibili del cambiamento climatico
Il ghiacciaio dell'Adamello - Foto Servizio Glaciologico Lombardo
Il ghiacciaio dell'Adamello - Foto Servizio Glaciologico Lombardo
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Con oltre vent’anni di esperienza di rilevamento sui ghiacciai, Andrea Toffaletti è il vicepresidente del Servizio glaciologico lombardo (Sgl), l’associazione che dal 1992 realizza importanti progetti di ricerca scientifica e di divulgazione in contesti montani.

Dottor Toffaletti, quali evidenze recenti si ricavano dai monitoraggi che Sgl conduce sui ghiacciai della Lombardia?

I ghiacciai rappresentano degli indicatori sensibili del cambiamento climatico perché reagiscono alle sollecitazioni del clima, in particolare alle precipitazioni nel periodo di accumulo (ottobre-maggio), e alle temperature nel periodo estivo (giugno-settembre). Dalla metà degli anni ‘80 del secolo scorso abbiamo rilevato un forte aumento della fusione glaciale in prevalenza a causa delle temperature estive, che sono in costante aumento. La superficie dei ghiacciai in Lombardia si è ridotta del 40% circa dal 1991 ad oggi, passando dai 118 chilometri quadrati del 1991 agli attuali 70. Dal 1991 ad oggi il Servizio Glaciologico Lombardo ha dichiarato estinti ben 123 ghiacciai, con una perdita di superficie media annua di 1,6 chilometri quadrati, equivalente a circa 220 campi da calcio.

Le cronache di Julius Payer, primo salitore dell’Adamello nel 1864, ci consegnano per questo gruppo la descrizione di un paesaggio glaciale profondamente modificato rispetto a quello attuale. Quali trasformazioni sono attese nei prossimi decenni?

Ci si trovava allora all’apice della cosiddetta Piccola età glaciale, periodo di forte avanzata dei ghiacciai. In quel periodo le lingue radiali dell’Adamello (Mandrone, Lobbia, Salarno, Adamè) arrivavano a quote molto più basse rispetto al giorno d’oggi. Da allora il ghiacciaio si è ritirato di oltre due chilometri, arretrando fino alla fronte attuale a circa 2600 metri di quota. L’unicità del ghiacciaio più esteso delle Alpi italiane si sta perdendo, e quello che fino a qualche decennio fa veniva annoverato come unico ghiacciaio italiano di tipo scandinavo sta venendo meno a causa della frammentazione. Secondo i modelli glaciologici e climatici questo ghiacciaio è destinato a scomparire entro il 2060 se non saranno messi in atto gli accordi di Parigi sul cambiamento climatico. Ma potrebbe scomparire nel 2080 anche se tali accordi venissero rispettati, dato che si trova attualmente sotto quella che viene definita linea di equilibrio. Significa che a fine estate non conserva più residui nevosi dell’anno ed è privo di qualsiasi forma di alimentazione. La causa di tutto questo è da ascrivere all’innalzamento del limite delle nevi perenni, che si è portato dai 3000 metri circa degli anni ’90 del secolo scorso agli attuali 3300-3400 metri, per effetto delle temperature del periodo estivo che non consentono più di conservare la neve invernale sotto questa quota.

L’Adamello è il più grande ghiacciaio italiano. Studi recenti hanno svelato anche la sua importanza come archivio di informazioni ambientali e climatiche del passato…

Ricerche effettuate nel corso degli ultimi anni hanno svelato come il ghiaccio abbia conservato alcune importanti informazioni ambientali. Hanno evidenziato ad esempio la presenza di radionuclidi derivanti dagli esperimenti nucleari che avvenivano nei decenni passati, e grazie a questi si è riusciti a datare i vari strati di ghiaccio. Ghiacciai temperati come quello dell’Adamello, al cui interno vi è una forte componente di acqua allo stato liquido, non consentono tuttavia di ricavare informazioni relative allo stato dell’atmosfera al momento della deposizione della neve, a causa del mescolamento della circolazione interna dell’acqua.

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