Le Vele di Scampia e il brutalismo da abbattere

Fa un certo effetto vedere la Vela Gialla che si sgretola sotto i colpi dei bulldozer e delle pinze idrauliche. Nel quartiere napoletano di Scampia i palazzi hanno avuto solo i nomi della leggerezza e dei colori.
Dei sette edifici che componevano il complesso abitativo ne resterà uno che sarà riqualificato, e forse verrà anche ripulito dal marchio di degrado che si fatica a cancellare. Gli stessi «velisti» cresciuti in quell’agglomerato di cemento, dove la gente si chiamava dai balconi perché non c’era il citofono, assistono all’abbattimento con un sentimento diviso fra aspettativa e nostalgia.
Le Vele fanno parte dello stile architettonico ispirato al «Brutalismo». Essenziali nelle forme geometriche e costruite in cemento a vista che i francesi chiamavano «beton brut». Questo nome si adatta drammaticamente al decadimento urbano di case diventate nel tempo prigioni, con cancelli davanti alle porte e le sbarre alle finestre.
Conosciute attraverso servizi giornalistici e la serie «Gomorra», in tanti hanno visto i muri ammuffiti dalle perdite d’acqua e il tondino di ferro nelle crepe del cemento armato. Di sera, le torri sembravano i profili delle piramidi azteche di Teotihuacan ma di giorno la zona rivelava l’assenza di alberi e giardini. In quello spazio non c’era niente dell’idea di modernità del Brutalismo, il movimento architettonico nato in Inghilterra nel 1950.
Sul tema si inserisce in questi giorni anche la proiezione del film «The brutalist», vincitore di tre premi Oscar, con la storia inventata dell’architetto visionario Laszlo Toth interpretata da Adrien Brody. (Il nome vero di Laszlo Toth invece è legato al folle gesto dell’uomo che nel 1972 prese brutalmente a martellate la Pietà di Michelangelo).
Questi enormi caseggiati, assegnati in fretta dopo il terremoto del 1981, avrebbero dovuto risolvere la situazione abitativa di tanta gente, applicando il concetto di razionalità dei progetti. Si sono invece trasformati in termitai dove anche le persone perbene hanno dovuto convivere con l’illegalità.
Mai il nome di una corrente architettonica è stato così calzante, poiché dove lo Stato appare lontano subentra il deterioramento civico. Il dizionario lo definisce con gli aggettivi più aderenti a una realtà: feroce, incivile, inumana, orribile e violenta. Non è solo il senso del brutto che deve portare alla demolizione dei formicai umani, poiché una casa per viverci è fatta non solo di mattoni ma di servizi, rispetto e legalità.
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